Dago arriva in Valcamonica, ma «La valle dei segni» è già introvabile

La terra camuna incontra Dago, la storia misteriosa e affascinante della Valle dei Segni (primo sito italiano a essere riconosciuto come Patrimonio Mondiale dell’Unesco, nel 1979) entra in uno dei fumetti più iconici del nostro tempo.
La cornice del premio
Verrà presentato ufficialmente dopodomani, venerdì 10 ottobre, alle 10, al Teatro delle Ali di Breno, all’interno della seconda edizione del Premio Nazionale Sergio Staino-Pitoon, l’albo numero 335 della collana «Dago», ora pubblicata da Editoriale Aurea: un fumetto in edicola dal 25 settembre, ma praticamente introvabile dalle nostre parti (chi scrive, e conosce Dago dalla fine degli anni Ottanta, quando si trovava su Lanciostory e poi in volumi rilegati e a colori dell’allora Eura Editoriale, ha dovuto rassegnarsi a leggerlo in versione fotografata, pagina per pagina).
Il protagonista di tante avventure in vari continenti (nel corso dei suoi peregrinaggi, Dago giunge anche nel Nuovo Mondo), approda dunque nella più imponente delle valli bresciane, la Valle Camonica, e incontra, tra gli altri, un pittore straordinario e gloria locale come il Romanino; poi, tra Breno, Pisogne e altrove lungo i paesi in riva al fiume Oglio, affronta come di consueto nemici infingardi (in questo caso, iene vestite a festa), ma fa anche la conoscenza di uomini e donne di cui serbare un dolce ricordo.
Epopea
L’epopea di Dago, fiorita nel 1980 dall’immaginazione sconfinata di Robin Wood (1944-2021), genio paraguayano del fumetto argentino, è approdata più tardi in Italia – dove peraltro è in parte ambientata e da dove, a Venezia, prende il via –, conquistando migliaia di lettori. Il protagonista è Cesare Renzi, nobile veneziano che nei primi anni del XVI secolo viene tradito, insieme a tutti i suoi cari, da un gruppo di congiurati e lasciato per morto in mare, con una spada (una daga, per la precisione) conficcata nella schiena.
Duro a morire. Sopravvive, ma diviene schiavo dei turchi ed è chiamato Dago (che, curiosamente, è uno degli epiteti spregiativi che in America viene rivolto alle persone di origine italiana e, per estensione, latina); riuscirà comunque a riguadagnare la libertà, imponendosi come una figura leggendaria del proprio tempo, un eroe senza patria.
Duro come la roccia, sorretto da un’inestinguibile sete di vendetta nei confronti di chi ha annientato la sua famiglia, con un proprio codice d’onore e un’etica che lo portano a schierarsi sempre dalla parte dei più deboli, Dago intreccia nel corso di decenni la sua vicenda inventata con quella di personaggi storici che hanno lasciato tracce eclatanti di sé nei libri e nelle cronache, artisti e avventurieri, grandi dame ed esploratori, condottieri e pusillanimi, santi o pirati che siano.
Una traiettoria, quella del fumetto, che raggiunse l’apice negli anni Novanta per poi assestarsi su una reiterazione di avventure che mutano scenario, conservando però il «mood», come accade quasi sempre con le serie dilatate.
«La valle dei segni»
«La valle dei segni» è sceneggiato dall’autore procidano Michele Assante del Leccese e illustrato da uno dei più prestigiosi disegnatori italiani, il veneziano Paolo Ongaro, che in carriera si è cimentato con Diabolik e Zagor, con Martin Mystère e i ritratti sportivi, con La Storia d’Italia a Fumetti di Enzo Biagi e, da un paio d’anni a questa parte, appunto con Dago.
Al quale restituisce con la china i tratti forti e carismatici che erano caratteristici nei lavori dei disegnatori storici (Alberto Salinas, Carlos Gomez), e che si erano un po’ smarriti per strada nei diversi passaggi di testimone.
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