Barbie icona pop e femminista: «In 65 anni ha saputo leggere la società»

Un’icona. Una trend setter. Ritratta da Andy Warhol come Marilyn e Elizabeth Taylor. Un fenomeno culturale che ha saputo leggere il presente. La rappresentazione in plastica (e abiti, ça va sans dire) dei sogni delle bambine di (quasi) tutto il mondo.
Di Barbie si sta parlando molto dopo l’uscita nelle sale del film a lei dedicato, ma la bambola, che quest’anno compie la bellezza di 65 anni, è molto di più che un balocco. E lo spiega bene lo storico dell’arte e della moda Massimiliano Capella, direttore della Casa museo della Fondazione Paolo e Carolina Zani di Cellatica, nel libro che uscirà il prossimo 22 marzo, «Barbie. The icon celebration», edito da 24 Ore Cultura. Il volume sarà presentato dall’autore e da Chiara Savino di 24 Ore Cultura, presso Carme, in via Battaglie 61 a Brescia, giovedì 21 marzo alle 18.30 per «Fuori Librixia».

Capella la studia dal 2015 quando curò l’esposizione dedicata a Barbie Millicent Roberts che inaugurò il Mudec di Milano: fu un successo clamoroso con 118mila visitatori tanto che, poi, venne portata in tour mondiale e il catalogo divenne un «long seller» tradotto in 10 lingue. Un volume, realizzato in collaborazione con Mattel, che negli Stati Uniti era esaurito ancora prima di arrivare sugli scaffali e che – certamente – era sulla scrivania di Greta Gerwig quando scrisse la sceneggiatura del film con Margot Robbie e Ryan Goslin.
Il volume
Copertina glitterata, pagine da toccare e sfogliare, grafica chiara e accattivante, il nuovo libro di Capella è una versione «integrata e aggiornata» di quel catalogo del 2015; un viaggio dal 1959 ad oggi dell’«icona pop» che, tra l’altro, è stato presentato pochi giorni fa alla Fiera del libro di Londra.
«Tra le pagine si trova una linea del tempo – spiega lo storico – nella quale metto in evidenza le trasformazioni di Barbie e il rapporto con la società e il contesto culturale, politico, la moda e il costume. Barbie è la cartina di tornasole della società occidentale. Icona di stile, Barbie non ha mai dimenticato di essere una fonte di ispirazione per l’indipendenza delle bambine».
Anche se i critici hanno tacciato la «bambola» di dare un’immagine stereotipata e creare un modello irraggiungibile di bellezza e perfezione femminile, «Barbie non ha mai inventato nulla – spiega Capella – ha solo messo la lente su ciò che già esisteva. Ha rilanciato e declinato in chiave pop quella che la società stava proponendo».
Non solo: «Il suo motto "You can be anything (Puoi essere qualsiasi cosa)" dice tutto – aggiunge –. Anche la sua creatrice Ruth Handler, nelle prime interviste, sottolineò che con lei le bambine potevano essere loro stesse e dare sfogo ai loro sogni». E qui la mente non può non andare all’incipit del film che, citando «2001 odissea nello spazio» di Stanley Kubrick, mette ben in evidenza la rivoluzione portata dalla bambola di Mattel.

«Barbie è femminista – sottolinea Capella –, celebra la donna. Barbie è tutto, ha mille volti, mentre Ken è solo Ken. Pensiamo alla linea "Barbie inspiring women", che ha celebrato donne come l’imprenditrice nera Madame C.J. Walker, l’antropologa Jane Goodall o la stilista Vera Wang, e alle più di 300 carriere al femminile (l’archeologa, l’astronauta, la medica, la pilota o la poliziotta); una visione oltre i confini».
E la nostra Barbie, perfetta interprete delle tendenze, ha anche saputo vestire i panni di tante culture e tradizioni: «È un fenomeno globale».
Il film
Impossibile, da esperto qual è di Barbie, non chiedere a Massimiliano Capella cosa pensi del film campione d’incassi: «Un’operazione perfetta a livello commerciale che solo la macchina hollywoodiana poteva creare – dice di getto –: ripercorre la storia della bambola, con una scelta musicale pop che appartiene a quel mondo e una trama che porta un bellissimo messaggio».
«Sono molto fiero del mio lavoro – dice –. Quando nel 2015 alcuni gridarono allo scandalo perché mi stavo occupando di una bambola fu una vittoria vedere quelle persone ricredersi. Bisogna uscire dagli schemi e capire che quando ci sono criteri scientifici e intelligenza, si può passare dall’alto al basso».
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