Con Benigni davanti a Mattarella, la Costituzione, e la furia di Blanco: la prima serata di Sanremo

Più che nazionalpopolare, nazionale. Sanremo non poteva cominciare in modo più patriottico, con Benigni. Ma, a sorpresa, non poteva finire in maniera più punk, manco fosse la Londra del 1976. Con un gesto, quello del bresciano Blanco, che risulta talmente assurdo, incredibile e inspiegabile da sembrare finto, preparato.
Il non ancora ventenne comincia dopo mezzanotte a cantare «L’isola delle rose», dopo aver proposto in avvio di serata in coppia con Mahmood la «Brividi» con la quale aveva stravinto lo scorso anno. Per due volte, durante l’esibizione, afferma di non sentire la propria voce in cuffia. Poi, semplicemente, smette di cantare e inizia a distruggere il palco, prendendo a calci le fioriere, spargendo terra e piante ovunque, mentre la sua band prosegue a suonare. L’Ariston esplode in fischi. «Non mi sentivo in cuffia. Mi sono comunque divertito - afferma il bresciano, quando Amadeus si presenta sul palco nel tentativo di capire cosa sia accaduto -. Il bello della musica è che non bisogna seguire uno schema preciso». Amadeus stempera, nella notte che corre. E l’annuncio del turbolento Gianluca Grignani verso mezzanotte e mezza suona come acqua fresca.
Benigni e la Costituzione

E pensare che l’apertura della serata era stata addirittura poetica, se è vero che Roberto Benigni accosta la Carta costituzionale italiana e la sua carica rivoluzionaria dalla natura quasi onirica prima al Domenico Modugno di «Nel blu dipinto di blu» («Penso che un sogno così non ritorni mai più») e poi alla «Mattina» di Giuseppe Ungaretti («M’illumino d’immenso»). D’altra parte, la presenza in sala di un presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, è da primato nella storia. Celebrato con l’intero teatro in piedi per cantare con Gianni Morandi l’inno nazionale. La fiera delle eccellenze, quindi, trova naturale prosecuzione nel trascinante monologo di Benigni dedicato al settantacinquesimo anniversario dall’entrata in vigore della Costituzione, che ebbe tra i padri anche Bernardo Mattarella, genitore di Sergio («e quindi, Presidente, la Carta è anche un po’ sua sorella»).
Nel variopinto intervento c’è spazio per il racconto degli articoli 11 e 21, rispettivamente dedicati al ripudio della guerra e alla libertà d’espressione del pensiero. Ma anche per la presa in giro del direttore artistico, con appello al presidente della Repubblica: «Lei è al secondo mandato, Amadeus al quarto - incalza Benigni -, parla del quinto, e sta organizzando la marcia su Sanremo». Tra l’altro, non si può nemmeno dire che Ama perda colpi, perché quando - a gara ormai iniziata - sbaglia e chiama gIANMARIA «Sangiovanni» il dubbio resta: svarione o colpo da Fantasanremo? Di questi tempi vale tutto.
Il ritorno di Blanco e Mahmood

Eppure la prima uscita di Blanco, con Mahmood, era stata più che regolare. La celebrazione di una grande hit. Forse solo ascoltando qualche passaggio di «Due vite» di Mengoni (che omaggia nel look l’Elvis Presley del 1968) viene infatti da pensare che in questo Sanremo ci possa essere un brano con il medesimo effetto che ebbe «Brividi» nel 2022. Il bresciano e «Ale» - ospiti di diritto proprio in quanto vincitori dell’ultima edizione - avevano rivissuto e fatto rivivere un po’ di quella magia. Erano stati elencati i numeri fatti registrare dalla hit. Fabbriconi aveva sgranato gli occhi e ammesso che no, nemmeno lui li conosceva.
Nella musica di oggi di passi falsi non ne puoi fare. E forse anche per questo gli artisti di maggior successo hanno degli autentici team di guida e supporto. Blanco è protagonista di un gesto talmente folle da sembrare finto. Morandi ha invece l’idea di raccontare in modo divertito e autoironico la propria storia attraverso alcune delle canzoni... meno riuscite o più naïf tra quelle che ha interpretato. «Ma io ho visto tutti i tuoi musicarelli!», gli fa Amadeus. «Eh, mi spiace», gli risponde Gianni. Applauditissimo nel corso di tutta la serata. Sicura e ferma, oltre l’emozione, Chiara Ferragni.
Mr. Rain e Coma_Cose
Il bresciano Mr.Rain è il primo degli artisti introdotti dall’imprenditrice e influencer, all’ingresso in scena numero uno della serata. Mentre la regia gioca un tiro mancino ai Coma_Cose: il bacio di California a Fausto è dolcissimo, e probabilmente frutto di una scelta estemporanea, perché la regia stacca troppo velocemente.
Fatti per stare insieme i Coma_Cose, non si può dire diversamente per i Pooh, che si schierano sul palco e sparano a ugole spianate alcuni dei loro principali successi: «Amici per sempre», «Dammi solo un minuto», «Stai con me», «Tanta voglia di lei», «Pensiero», «Piccola Ketty», «Chi fermerà la musica». Poi è tempo di «Uomini soli», con l’immagine proiettata di Stefano D’Orazio.
Il monologo di Ferragni

Chiara Ferragni propone invece un discorso su di sé, ma pensato per essere il più universale possibile, e rivolto alle donne.
Sale sul palco e sembra completamente nuda. Trasale l’Ariston, trasale pure la sala stampa. Lei tranquillizza: «Non sono senza vestiti e non indosso un abito trasparente». Il vestito, di fatto, è però una sorta di calco della pelle della trentacinquenne cremonese. La lettera - rivolta a sé stessa bambina - cammina sul crinale tra l’autocelebrazione e l’espressione di concetti invece molto forti e attualissimi. L’imprenditrice e influencer conquista il pubblico dell’Ariston non solo con le parole, però. Lo fa anche con l’emotività che traspare durante la lettura, prorompente. Gli occhi luccicanti di lacrime, ma anche fiera, si sofferma su quanto la società abbia il potere di far sentire in colpa una donna che diventa madre, ma che non coltiva la famiglia come unico sogno.
Benigni (dopo il minuto di silenzio per le vittime del terremoto in Turchia e Siria) aveva scherzato con Amadeus: «Hai detto al Presidente quanto dura la serata?». Già, si è andati avanti fino a tarda notte, e da domani la cosa si farà ancora più lunga. Il Festival è iniziato. L’Italia chiamò.
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