Cultura

Com'e andato il TEDx Brescia

Il format no-profit nato per condividere esperienze ha posto quest'anno il focus sul tema «Energ-Etica»
Al Museo Santa Giulia il format TEDxBrescia - © www.giornaledibrescia.it
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Nove discorsi, diverse pause caffè, un pranzo completamente vegano (e sostenibile) e quattro break musicali targati Clockbeats: TEDx Brescia ha invaso l'Auditorium e gli spazi del Museo di Santa Giulia. Il format no-profit nato per condividere esperienze ha posto quest'anno il focus sul tema «Energ-Etica», riflettendo su energia, ambiente, etica e altruismo.

Bruno Bozzetto

Sul palco, tra le star, il disegnatore Bruno Bozzetto, che ha delineato l'Italia nei suoi film, ironizzando e andando in profondità. Perno del suo intervento è stato il rapporto degli esseri umani con gli animali. A fargli rivalutare questa relazione, in un'ottica di rispetto animalista ed ecologista, sono stati prima il film Bambi quando aveva otto anni e poi l'arrivo di una piccola pecora in famiglia, «Beelen». «Vedendola crescere nel salotto di mio figlio ho notato l'intelligenza e la sensibilità di questi animali. Riusciva ad aprire chiavistelli con la bocca, si comportava come un cane o un gatto, era un essere simile a noi. Da lì ho deciso di non mettere mai più nel piatto degli esseri senzienti e simili a me». Fatelo anche voi, ha esortato: «Diventare vegetariani è molto più facile di smettere di fumare». Un discorso che non tocca però solo il rispetto per gli animali, ma anche quello per il Pianeta. «Abbiamo ancora tanta strada da fare. Io sono arrivato qui con i miei disegni, voi provate con la vostra sensibilità, immedesimandovi con gli animali e guardando la Terra con i loro occhi. Si chiama empatia».

Bruno Bozzetto - © www.giornaledibrescia.it
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Monica Frassoni

L'europeista e ambientalista Monica Frassoni ha quindi chiesto al pubblico «Cosa ci spinge a cambiare?». Secondo lei, la convinzione di andare verso un miglioramento. «Vale anche per i cambiamenti climatici. Evitando l'innalzamento delle temperature, si va verso un mondo migliore: città meno inquinate, lavori più soddisfacenti, nuovi valori di sobrietà. Se non agiamo, tra pochi decenni le conseguenze saranno tragiche. Quindi urgenza e desiderio devono guidarci». La molla, tuttavia, non deve essere il disastro, ma il desiderio di migliorare. «Anche se i cambiamenti climatici non esistessero, questi miglioramenti sarebbero comunque utili: le morti per inquinamento sono tantissime, e agendo le limiteremmo».

Marco Bozzola, Marzia Bolpagni, Giulia Pedretti

L'etica non è stata però indagata solo dal punto di vista ambientale e animalista: anche da quello umano. A partire da colui che ha aperto i talk, Marco Bozzola, che ha parlato di egoismo e di antidoti ad esso («l'amore, che è la via all'altruismo»), arrivando all'ingegnera Marzia Bolpagni, sulla digitalizzazione dell'edilizia per migliorare un settore molto impattante sul pianeta. Tutto questo passando per la franciacortina Giulia Pedretti, la cui missione è diffondere la cultura della sicurezza sul lavoro per ridurre gli incidenti. 6127 è il numero da cui è partita: sono le morti sul lavoro in Italia negli ultimi cinque anni. «La soddisfazione più grande sarebbe il numero zero e bisogna ripartire da cultura e prevenzione». Proprio come è accaduto con la cintura di sicurezza: negli anni Novanta quasi nessuno la portava. Oggi essenzialmente tutti.

Sharon Amadi

Anche Sharon Amadi, specializzata in Diplomazia e Relazioni Internazionali e Leader Regionale dell'UE, ha portato uno speech toccante, parlando dei suoi obiettivi di inclusione e integrazione che nascono da un'esperienza diretta di razzismo. «I tuoi sono venuti col barcone o in aereo?», le chiedevano. «Ma il razzismo non era solo a scuola. Nei negozi mi controllavano le banconote, per strada ricevevo richieste sessuali da parte di uomini e anziani che ignoravano il mio zaino da scuola in spalla come tutte le altre ragazze. Da lì ho iniziato a riflettere sulle diversità. Ho scoperto valori che coltivo e proteggo da quando ho 15 anni. Ora ho una visione matura e so che voglio essere la persona che avrei voluto incontrare in gioventù».

Raisa Labaran

Discorso simile - che per questa similitudine dovrebbe fare riflettere: le due donne non si sono sentite accolte in Italia come avrebbero meritato - quello di Raisa Labaran. Anche lei crescendo ha desiderato essere diversa, bionda e con le lentiggini, e di appianare le differenze. «Finché ho capito che sono una ricchezza, un ponte tra Paesi. E così ho voluto diventare la Florence Nightingale di Brescia». Importantissima, secondo lei, è l'alfabetizzazione sanitaria. «Le persone devono avere consapevolezza riguardo alla propria salute e sapere utilizzare le informazioni. E gli operatori sanitari devono essere in grado di fornirle».

Pietro Gardoni

Di caregiver ha parlato anche Pietro Gardoni, che ha raccontato di come dai 34 ai 41 anni si sia preso cura della madre affetta da Alzheimer, provando sulla sua pelle il dolore nel vedere svanire una persona, mentre questa perde la capacità di comunicare e di prendersi cura di se stessa. «Sono riuscito a farla arrivare serena all'ultimo giorno: era la cosa importante per me. Lì mi sono sentito completo. Prima volevo essere un artista, ma sono diventato me stesso come figlio, e quindi come uomo e come artista». Ha lasciato la carriera artistica, Gardoni, ma non ha mai smesso di pensare all'arte. «Ecco perché dopo sette anni sono ripartito immediatamente, ponendo l'attenzione sull'acqua, primo elemento naturale, prima forma d'energia».

Monica Peruzzi

In chiusura, Monica Peruzzi ha dimostrato concretamente come il linguaggio modelli l'immaginario, e quindi il mondo. «Femminismo», per esempio, oggi fa paura, evoca streghe e donne arrabbiate. «È una parola che è stata strumentalizzata per toglierle il potere che porta con sé, che è il potere dell'uguaglianza. Non esiste una sola forma di oppressione e io l'ho capito nel mio lavoro». Ha parlato di privilegio, di come il #metoo ha aiutato a decodificare una violenza che magari era passata inosservata, di comportamenti predatori normalizzati, di stigmatizzazione delle vittime. «La normalizzazione della violenza parte dalle parole, dal "se l'è cercata". Tutte le donne provano la limitazione della libertà, tocca a tutte». Anche a lei è capitato, e l'ha raccontato dal palco («non ne ho mai parlato nemmeno con i miei genitori»), spronando tutte a parlare, a non sentirsi in colpa. «Non sono però una donna che odia gli uomini, anzi li amo troppo, ma ho smesso di avere paura delle streghe. Mi sono ribellata».
 

Monica Peruzzi - © www.giornaledibrescia.it
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