Cucina

Enzo Dellea, maestro inimitabile di brescianità culinaria

Dieci anni fa la morte del maestro di cucina. Il ricordo di una figura che molti allievi non smettono di ricordare
Indimenticabile. Lo chef Enzo Dellea
Indimenticabile. Lo chef Enzo Dellea
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Sorride, sobriamente come al solito, ma di certo sorride. La cucina bresciana non è mai stata così grande e, a renderla grande e riconosciuta, sono tantissimi suoi allievi che, ancora oggi, non esitano un attimo a riconoscerle gran merito a lui, al maestro Enzo Dellea.

Enzo Dellea, chef internazionale, ma soprattutto insegnante fino all’ultimo soffio di vita, è mancato 10 anni fa, il 19 gennaio 2008, a 79 anni con un’agenda che lo costringerebbe a prendere un aereo ancora oggi. Dieci anni che sembra siano passati in un lampo. Solo se accenni a un suo ricordo - come è accaduto subito prima di Natale alla cena annuale della Federazione Italiana Cuochi di Brescia che lui ha guidato per decenni - i suoi allievi sbucano come funghi e ci tengono ancora a dichiarare di esserlo stati. In realtà in dieci anni sono successe tantissime cose che a Dellea sarebbero piaciute.

La cucina italiana è cresciuta («non si è mai mangiato così bene in Italia» ha detto di recente un severissimo critico), quella bresciana forse anche più della media. La crescita è stata in due direzioni che al maestro sarebbero piaciute molto: l’affermazione internazionale e la riscoperta dell’anima regionale.

Quando Dellea girava il mondo (ha tenuto lezioni in 23 Paesi, soprattutto in Giappone, dove era di casa, ma anche in Nuova Zelanda e nella Russia sovietica) per diffondere la nostra cultura gastronomica, doveva partire dalla vaga conoscenza degli «spaghetti alla bolognese», piatto inesistente nei nostri ricettari, eppure apprezzatissimo all’estero (magari precotto e inscatolato).

Oggi il mondo sa e apprezza e se l’export nazionale di settore vale circa 70 miliardi l’anno è anche merito di «missionari» pazienti e pignoli come lui, che le ricette le spiegava sempre, non dando nulla per scontato. Enzo Dellea ha portato per il mondo la tavolozza della cucina regionale, che i suoi allievi (dopo qualche ubriacatura di creatività scomposta) stanno riproponendo in chiave attuale e più leggera.

Dellea i piatti li creava leggeri già all’epoca. Maestro soprattutto in pasticceria, era attentissimo alle dosi e sarebbe felice di vedere i suoi ragazzi aggiungere l’olio con il contagocce. Naturalmente quella dominante era ancora la cucina francese ed era con quella che battagliava guidando la squadra tricolore ai concorsi. Ma proprio la Francia lo ha ricoperto di riconoscimenti. Nessuno ricorda più che Enzo Dellea è nato a Luino (Varese), perché era bresciano da sempre, con 26 anni in cattedra al «Caterina de’ Medici» e poi promotore della cultura gastronomica anche da noi (che eravamo un po’ rozzi al tempo) anche somministrando gocce settimanali di cultura gastronomica dalle pagine del nostro giornale (c’è chi tiene ancora i ritagli).

Infine ci piace chiudere con lo sterminato elenco dei Paesi in cui ha tenuto lezione: Canada, Stati Uniti, Germania, Francia, Spagna, Emirati Arabi, Oman, Tunisia, Giappone, Hong Kong, Singapore, Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa, Svizzera, Russia, Islanda, Giordania, Cina, Malta, Portogallo e Turchia. Un elenco che per un’azienda esportatrice è oggi il «minimo sindacale», ma fate mente locale nei mitici anni ’80...

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