Cucina

Cucina Ebraica, tante regole e il ricettario che non c’è

Con duemila anni di diaspora sulle spalle, gli ebrei hanno adattato le loro rigidissime regole ai cibi del posto
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Vi ricordate le regole della religione cattolica sulmagroe il digiuno, imparate durante le lezioni di catechismo quando eravamo bambini? Molti di noi non saprebbero dire quando rispettarle e quando no, anche se ormai sono diventate pochissime e molto blande.

Così capita di organizzare uno spiedo tra amici in un venerdì di Quaresima (rigorosamente di magro) o trovarsi per l’happy hour la sera del Venerdì Santo (anche qui rigorosamente di magro e digiuno) senza con questo sentirsi trasgressori. I più anziani ricorderanno che un tempo nei giorni di digiuno, rimanevano chiuse anche le osterie: nessuno si sarebbe permessounbianchinofuori pasto, tanto vale va abbassare la serranda.E non stiamo parlando di mill’anni fa. 

Per gli ebrei osservanti invece è tutta un’altra storia. Da quasi tremila anni espungono regole alimentari dalla pagine dell’Antico Testamento e le studiano con certosina precisione e, in gran parte, le applicano. 
E il ritorno all’osservanza stretta sta aumentando invece che diminuire, tanto che persino l’industria si è attrezzata per assicurare prodotti kosher agli ebrei osservanti che vannodi fretta,cometutti noi.
Di più, soprattutto negli Stati Uniti d’America, consumano prodotti kosher anche i non ebrei, più confidenti nella pignoleria del rabbino che nelle rassicurazioni dell’agricoltore, fosse anche biologico. 

Al Magazzino Alimentare.É un modo un po’ sbrigativo di rivolgersi alla legge ebraica, perché se il pane dello shabbat (il sabato) ha una ricetta, la sua consumazione a tavola è un rito in cui è essenzialeanchela preghiera.
Capire i popoliattraverso quellocheportano in tavola, è un programma che Magazzino Alimentare ha messo in pista,cominciando proprio dalla cucina ebraica e in cappando subito in un grande e diffuso equivoco. Già, perché la cucina ebraica non esiste. Due mila anni di diaspora hannocostretto gli ebreiadadattare le loro regole(immutate e immutabili) a ciò che offriva il mercato in cui si trovavano.

La grande distinzione è tra il ramo dei sefarditi (vissutotraSpagnaemediooriente) edilramodegliaskenaziti (gli emigrati in Est Europa). Ma non basta: un ebreo veneziano cucina in modo diverso da un ebreo romano.

Con queste premesse, Magazzino Alimentare ha proposto qualche tempo fa una serata di cucina ebraico libica, dove prevalgono le lente cotture, il cuscus e molte spezie. Ma anche quella cucina rispetta le regole che, se assimilate, fin da piccoli, non vengono subite come una costrizione, ma come una affermazione di identità e forse come un pezzo della patria perduta.Tutti sanno che un ebreo osservante non mangia il maiale, ma non mangia neppure il coniglio eil cavallo.

Anche sui pesci ci sono problemi: non si mangiano i molluschi e i pesci senza squame. Un ebreo osservante non mangerà mai dei filetti di pesce offerti senza la pelle. La regola più sacra, e complicata, è quella di non mescolare mai la carne con il latte o i latticini. Raccomanda un passo della Bibbia di non cuocere il capretto nel latte di sua madre.

Ma poi la regola riguarda anche il pollo che non fa latte. La regola è così ferrea chele massaie ebree devonoavere duelavelli per preparare i pasti e due set di posate, uno per le carni uno per i latticini. Si fa presto a dire carne, ma per essere kosher (o kascher che è lo stesso) deve essere macellata secondo regole precise (molto simili peraltro a quelle della macellazione hallal).

L’essenziale è chel’animalenonsia stordito,mavengauccisoconuntaglio netto della giugulare.InEuropaquestomododiprocedereèconsentito in deroga alle norme sanitarie generali che a noi vietano di uccidere un animale cosciente.

Il Kasherut. A complicare la cosa c’è però che, se un solo ingrediente di un prodotto preparato o proposto al ristorante non è previsto dal kasherut (l’insieme delle regole), tutto il prodotto non è più «giusto» (cioè kosher) ed è tutto da buttare. Poi c’è il rituale del sabato che non assomiglia per niente alle nostre domeniche fuori porta. In realtà lo shabbat comincia al tramonto di venerdì quando a cena si mangia di tutto e di più. Le donne ebree in realtà devono mettersi in cucina già il mattino di venerdì perché alcune preparazioni sono lunghissime. E devono preparare anche il pranzo di sabato, perché il sabato non si può accendere neppure il fuoco. In passato si usavano vasi di coccio riempiti di braci che tenevano tiepido lo spezzatino per quasi 24 ore.Oggici sono,perfortuna, le piastre elettriche con il termostato. Per fortuna però è più buono il giorno dopo 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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