Cucina

Cardo gobbo, protagonista della bagna cauda

L'ultimo fine settimana di novembre è dedicato al piatto piemontese: ecco un'altra ricetta per gustare il cardo
Il cardo gobbo di Nizza Monferrato - © www.giornaledibrescia.it
Il cardo gobbo di Nizza Monferrato - © www.giornaledibrescia.it
AA

Per i gourmet del nord d’Italia l’ultimo week end di novembre (quest’anno il 22, 23 e 24 novembre) si associa ormai da molti anni al Bagna cauda day, la manifestazione che in oltre un centinaio di locali tra Piemonte e Liguria (ma pure in qualche ristorante fuori area e persino all’estero) serve e rende omaggio a questo piatto tradizionale e massimamente conviviale. La bagna cauda è infatti una salsa a base di aglio e acciughe che si gusta immergendo decine di verdure diverse, cotte e crude, nella propria ciotolina riscaldata da una candela, mentre gli ortaggi sono al centro del tavolo a disposizione di tutti. E il protagonista assoluto, in verità con tantissimi comprimari è proprio il cardo, in particolare il Cardo gobbo di Nizza Monferrato che si raccoglie in questi mesi ormai invernali e che è oggi la nostra verdura della settimana.

IL PARERE DEL’ESPERTO. Il cardo è un ortaggio antico, affine al carciofo, una specie mediterranea per eccellenza, fonte straordinaria di vitamina B9. «Il nome del genere (Carduus) – spiega Marco Hrobat, direttore di Bresciamercati - deriva dal latino che a sua volta potrebbe derivare da una parola greca il cui significato si avvicina al nostro vocabolo “rapare”; altre ricerche farebbero derivare da un'altra radice, sempre greca, “ardis” (“punta dello strale”), alludendo alla spinosità delle piante di questo genere. L'antichità del cardo viene attestata da varie leggende che associano questo fiore al pastore siciliano Dafni, alla cui morte (grazie all'intervento di Pan e Diana), la Terra, piena di dolore, fece nascere una pianta piena di spine, il “cardo” appunto. È da ricordare ancora che nelle tradizioni ariane il cardo era associato al dio Thor, dio di guerra e fulmini».

Il nome italiano Cardo, in verità, è generico in quanto nel linguaggio comune si riferisce a diversi generi e specie di piante. «Tra i generi che vengono chiamati direttamente cardo – prosegue Hrobat - oppure hanno una o più specie che comunemente si chiamano con questo nome citiamo Carduus, Carduncellus, Carlina, Centaurea, Cnicus, Cynara, Echinops, Galactites, Jurinea, Onopordum, Scolymus, Silybum, Tyrimnus, tutti della famiglia delle Asteraceae. Ma anche in altre famiglie abbiamo dei generi con delle specie che volgarmente vengono chiamate cardi: il genere Eryngium della famiglia delle Apiaceae o il genere Dipsacus della famiglia delle Dipsacaceae». La forma biologica prevalente è una pianta perennante per mezzo di gemme poste al suolo con un ciclo di crescita biennale. «Ciò significa – aggiunge il direttore di Bresciamercati - che il primo anno si produce al più una bassa rosetta basale di foglie, mentre il secondo anno fiorisce completamente. Il cardo (Cynara cardunculus altilis) o carciofo selvatico è un ortaggio invernale che appartenente alla famiglia dei carciofi: il suo sapore infatti è simile, leggermente amarognolo e con sfumature che ricordano il sedano. Va consumato cotto: solo la varietà Cardo gobbo di Nizza Monferrato è adatta ad essere consumata cruda. Varietà particolarmente dura e di sapore amaro richiede che sia sottoposto a imbiancamento: le piante, infatti o vengono coltivate in assenza di luce o vengono addirittura interrate, piegando la pianta di lato, verso il basso e ricoprendola di terra, rimanendo così fino al momento in cui vengono raccolti. Ed è questo il caso del Gobbo del Monferrato». Va infine precisato che per il cardo il gelo è fondamentale: dopo una gelata infatti la sua consistenza diventa migliore e più tenera e dunque, anche se con la bagna cauda si consuma in questi giorni, se ne potranno gustare di migliori tutt’inverno, quando diviene un utile alleato per le diete di benessere.

«Il cardo infatti – conclude Hrobat - contiene circa il 94% di acqua, l’ 1,7 % di zuccheri, l’ 1,5 % di fibre alimentari, lo 0,6 % di proteine e lo 0,1 % di grassi. I suoi minerali sono potassio, ferro, rame, sodio, magnesio, zinco, manganese, calcio e fosforo. Le sue vitamine B1, B2, B5, B6 e vitamina C ed è una verdura nota principalmente per avere proprietà protettive nei confronti del fegato, per le ottime qualità depurative e protettive tanto che la sostanza estrapolata dalla pianta, la silimarina, viene impiegata in casi di intossicazioni causate da alcool, epatite, droghe. La silimarina è anche impiegata nei casi di intossicazione da funghi velenosi, nel caso specifico dell’Amanita Phalloides, fungo estremamente pericoloso. Il cardo mariano è stato approvato negli Stati Uniti nel 1986 come trattamento delle malattie del fegato e viene ampiamente utilizzato per il trattamento dell’epatite alcolica, per la cirrosi e per l’epatite virale. Il cardo apporta infine benefici ai reni, combatte le infiammazioni intestinali e viene utilizzato anche nel trattamento della psoriasi; inoltre questo ortaggio ha anche proprietà antiossidanti e la sua assunzione permette di controllare l’attività dei radicali liberi limitando così i danni al nostro organismo. Se assunto sotto forma di tisana contrasta l’insorgere del mal di testa da sindrome premestruale e viene spesso prescritto alle neo mamme in quanto stimola la produzione di latte materno».

LA RICETTA. Quando si acquistano i cardi bisogna verificare che i gambi siano bianchi e compatti senza tracce di colore verde, che starebbero a significare che il cardo è duro e amaro, mentre quelli che tendono ad aprirsi non sono più molto freschi: vanno scelte quindi piante dal colore chiaro, chiuse e pesanti, prive di macchie, con costole croccanti e larghe. Una volta acquistati e lavati dovrebbero essere subito cotti: se così non dovesse essere occorre metterli in acqua acidula per non farli annerire; per evitare poi che il cardo annerisca durante la lessatura è consigliabile cuocerlo in acqua con il succo di mezzo limone o con un cucchiaio di farina bianca. Per la nostra ricetta, i cardi ripieni, servono proprio lessati per circa 25 minuti in acqua salata e con qualche goccia di limone e tagliati in pezzi di circa 15 centimetri. Lasciati freddare, ben asciugati, ciascun pezzo va farcito con una acciuga dissalata e una listarella di formaggio semistagionato e saporito, ad esempio un pecorino, e spolverato di pangrattato e prezzemolo tritato (qualcuno aggiunge aglio, ma non è necessario). Condito con poco olio extravergine d’oliva va infornato a 180 °C per una ventina di minuti. E’ un ottimo e stuzzicante antipasto o un contorno, nonché una alternativa più leggera ai classici cardi fritti, anche in pastella.

 

 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia