Cucina

Capperi, il saporito oro verde delle isole italiane

Piccola e preziosa produzione anche sul Garda, ma è dalle terre vulcaniche del Mediterraneo che arrivano le varietà più pregiate
La pianta del cappero
La pianta del cappero
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I capperi, l'ingrediente che segna con il suo esclusivo sapore tutta la cucina mediterranea, li trovate dal fruttivendolo o nella grande distribuzione tutto l'anno. La sua disponibilità non è infatti legata al periodo della raccoltà, giacchè si utilizzano solo dopo la lavorazione sotto sale o, assai più raramente, sotto aceto.

Ma questo ultimo scorcio d'estate può fornire anche a noi "nordici" ancora qualche opportunità per una breve vacanza nelle zone di più pregiata coltivazione, ovvero le isole siciliane di Pantelleria e delle Eolie o altri lembi di terra in mezzo al mare nelle regioni del Meridione d'Italia.

Se infatti proprio la riviera bresciana del Garda, da Gargnano a Limone, può vantare da secoli una preziosa e mai dismessa tradizionale coltivazione e lavorazione di boccioli e frutti del cappero, ancor oggi fiorente e di valore, le terre vulcaniche del Sud d'Italia conferiscono a questi piccoli doni verdi una valenza unica- 

Concedersi qualche giorno ancora nelle isole siciliane è dunque un'occasione da non perdere per inserire nella dispensa di Stagioni in tavol@ un ingrediente straordinariamente duttile, capace di riportarci alla memoria i sapori del caldo Mediterraneo anche nei più freddi mesi invernali.

IL PARERE DELL'ESPERTO. Conviene subito precisare che la stragrande maggioranza dei capperi che consumiamo non sono il frutto della "Capperis spinosa", bensì il suo bocciolo floreale, raccolto ben prima che sbocci dando origine ad un magnifico fiore bianco. I frutti, simili a piccole olive allungate dotate di lungo picciolo, arrivano invece solo se il bocciolo si apre, il fiore sfiorisce e l'ovario può giungere a maturazione e sono chiamati "cucunci" (messi sotto sale, come capperi veri e propri, hanno però un valore nettamente inferiore).

Da questa peculiarità discende uno specifico sistema di coltivazione e di raccolta. Gli arbusti di "Capperis spinosa", sia quando crescono liberamente negli anfratti dei muri, tra le pietre o sul ciglio delle strade, sia quando sono ordinatamente coltivati nelle terre brulle, vanno potati durante l'invermo così che nuovi rami rigogliosi crescano a primavera.

Su questi rami da giugno a ottobre continuano a svlupparsi gemme e boccioli floreali che il contadino (o gli appassionati locali) sorvegliano per qualche giorno raccogliendoli prima che il fiore sbocci. E la vendemmia scalare procede ogni 10/12 giorni fino all'autunno, quando si portano a casa solitamente pure i pochi "cucunci" lasciati maturare.

La raccolta è peraltro solo la prima fase della lavorazione. I boccioli vanno infatti selezionati, eliminando quelli dov'è già cominciato a sbocciare il fiore, lasciati ad asciugare al sole per qualche ora prima di metterli in recipienti a strati alternati a sale marino

Ogni due o tre giorni e per almeno un mese e mezzo, boccioli e sale vanno rivoltati per evitare che possa principiare un negativo processo di fermentazione. Dopo una cinquantina di giorni i capperi sono pronti per il consumo e si conserveranno nel sale (oppure nell'olio) per molti mesi.

Curiosa è anche la ragione per la quale è facile trovare gli arbusti del cappero su muri di pietra e nelle posizioni più impensabili: i semi contenuti nei "cucunci" vengono infatti trasportati nei luoghi più impervi da geki e lucertole, che ne sono ghiotti, e se ne liberano dopo la digestione ovunque passano. A quel punto bastano pochi grammi di terra perchè l'arbusto nasca e si aggrappi alle pietre trovando nutrimento nel calcare e nella poca acqua che filtra fra le rocce.

L'origine è comunemente riconosciuta tra Nord Africa ed Asia MInore, ma pur se nei millenni si è diffuso in tutta la fascia temperata dal Mediterraneo al Medio Oriente e sino al Giappone, è proprio in Italia che è divenuto coltivazione caratteristica e base tipica d'una ricca cucina regionale fin dai Romani.

Presente un po' in tutte le isole del Mare Nostrum, dalle Tremiti all'arcipelago Campano, da Ustica alle Egadi fino alle più lontane Lampedusa e Pantelleria, alcune varietà, in particolare la Nocellara, si esprimono al massimo sui terreni vulcanici offrendo una produzione dal sapore unico e di alta qualità-

Non a caso da molti anni una apposita Igp protegge il cappero di Pantelleria (l'isola ne è veramente piena in ogni zona, abitata e non) e dal 2020 l'Europa ha riconosciuto la Dop al cappero delle Eolie, coltivato soprattutto nell'isola di Salina. Per queste due produzioni protette è di prammatica la conservazione con sale marino, mentre altrove, in quota decisamente minoritaria, c'è chi sfrutta il potere conservante dell'aceto, che però rischia di segnare l'ingrediente.

LA RICETTA. La cucina mediterranea nelle sue diverse tradizioni regionali utulizza i capperi in un'infinità di ricette per dar sapore a insalate, antipasti, condimenti per la pasta, il riso e i formaggi, in abbinamento a carne e pesce, ultimamente persino nei dessert, utilizzando la polvere per alcune preparazioni zuccherine e per un gelato davvero sorprendente (se passate da Salina potrete apprezzarlo personalmente assaggiando quello equilibratissimo che realizza al Signum la talentuosa chef Martina Caruso).

Il nostro suggerimento di oggi è però per una preparazione più semplice e storica di Pantelleria (dove gli abitanti sostengono d'essere stati i primi a coltivare capperi fin dai tempi di Punii e Romani, diffondendo poi la pratica per ogni dove): la pasta al sugo pantesco di capperi e pomodorini freschi e secchi.

Prendete innanzitutto una manciata di capperi di Pantelleria, meglio il calibro più piccolo, e lasciateli per una decina di minuti in una tazza d'acqua fresca:perderanno così il sale in eccesso. Quindi scolateli e tamponateli leggermente con un asciugamano.

Metteteli in una zuppiera, aggiungete olio extravergine d'oliva (magari di Nocellara del Belice con il tipico profumo di foglia di pomodoro e peperone), qualche pomodorino secco tagliato a listarelle e qualcuno fresco tagliato a cubetti, qualche foglia di basilico oppure di origano secco e se vi piace una punta di peperoncino.

Ora cuocete al dente la pasta fresca, ad esempio una tipica "busiata" trapanese che ormai si trova pure nei punti vendita della grande distribuzione, immergendola in abbondante acqua bollente poco salata e condite nella zuppiera amalgamando vigorosamente e aggiungendo, se serve, altro olio. Gusterete una vera esplosione di sapori.

 

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