Botticino, vino antico quasi nuovo

C'è ancora, anzi è rinato. Le quantità sono modeste (200mila bottiglie) e c'è qualche problema di mercato per via della crisi e delle restrizioni sugli alcolici al volante. Ma forse, più che di una rinascita, si tratta del nascere tutto nuovo di un vino rosso importante, di grande stoffa. Stiamo parlando del Botticino e per i più anziani si tratta di una piacevole ritorno dopo anni di oblio e di vino non entusiasmante, pur con un nome che fa tanta nostalgia. Michele Vescia ci ha ricordato la Compagnia dei brentatori. Erano vignaioli di Botticino che erano i fornitori di tutta Brescia con un "moderno" servizio "porta a porta".
La recente rassegna del Botticino che si è tenuta a Rezzato a Villa Fenaroli ha consentito di fare il punto e tutto sommato di scoprire che il miglioramento della qualità ha toccato tutti i 10 produttori. Il punto è che ciascuno ha preso la sua strada e si fatica a riconoscere un Botticino con i caratteri tipici del vino delle osterie bresciane di un tempo. E poi, il Botticino è da bere giovane e fresco, come oggi è di moda, o merita affinamenti in piccole botti? Di certo il progresso c'è stato ed è partito dalla cantina, poi si è andati in vigna a diradare, a rianimare vecchie vigne e il risultato alla fine è venuto. Dice Michele Vescia che il terreno è di quelli pregiati (assomiglia a quello del Barolo) e che meglio di così si potrà fare solo con studi scientifici. Di certo il vecchio Botticino non è più in via di estinzione. In ogni caso il sindaco di Rezzato Enrico Danesi ha annunciato l'intenzione di rimettere a vigna il Parco di Bacco che vigna era. Ci sarà così un vigneto urbano a salvare il brescianissimo Botticino.
Ma veniamo ai vini e si deve ancora parlare di singole minuscole aziende, più che di una zona. Il maggior produttore è la Emilio Franzoni ed infatti Claudio Franzoni è anche il presidente in carica del Consorzio doc. Alla ricerca del Botticino d'antan ci sembra che il Tenuta Bettina 2004 di Franzoni sia la riproduzione più fedele. Bel colore granato, pieno, rotondo, vinoso. Ci ha meno convinto il prodotto di punta dell'azienda. Il Foja d'or 2001 si presenta con corpo stanco e con profumi meno stimolanti. Tutto il contrario del Colle del Calango di Luciano Bonzi che ci è parso il Botticino più immediato e beverino (con una nota spiccata di Sangiovese).
Barbera sì, barbera no. Sembrava questo il dilemma del Botticino. Invece la faccenda è più complicata. Michelangelo Scarpai dice che il disciplinare, rivisto durante la sua presidenza, non si tocca più. Del resto consente un 30% di libertà al cantiniere. Scarpari la usa per produrre un Riserva intenso e persistente che ricorda molto il legno in cui ha riposato. Anche in questo caso ci ha entusiasmato di più il Cantinì 2006 in cui domina il frutto della Barbera.
Una filosofia che condivide anche Pierangelo Noventa, uno dei produttori più noti fuori zona, che propone un Pian della Tesa 2005 fruttato e di grande equilibrio e un Gobbio 2004 che viceversa gioca le note del vino importante, lungamente affinato.
Anche Tognazzi gioca la carta di un vino importante e affinato a lungo. Si chiama Cobio e richiede come minimo lo spiedo. Però il Vigne Mattina di Benedetto Tognazzi che ha un piacevole profumo di frutta matura, si allontana dalla Barbera e fa pensare più al Marzemino.
Su tutt'altro fronte capita che il Botticino di Valentino Musatti, tutto biologico da vent'anni, ti sorprenda con una (piacevole) nota erbacea che fa pensare al Carmenero. Dipende, dice Musatti, dalla vinificazione fatta con tecniche avanzate per caduta. Note erbacee anche per la proposta di Francesca Gorni, mentre Cascina Valle suggerisce profumi persino di sottobosco che rimandano ad un largo impiego di uva Schiava.
Gianmichele Portieri
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