Cucina

Vini passiti, le novità dalle uve rosse

Si sta provando anche con il Lambrusco, mentre i passiti di Groppello sono una piacevole realtà Un mercato stabile ma senza crescita per i piccoli produttori, difficile per le grandi firme mondiali
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VOLTA MANTOVANA L'interesse è tanto. Il dolce piace anche nel vino (purché non sia troppo). Il mercato è un'altra cosa. Per i vini passiti, liquorosi o in generale da meditazione è un momento di stasi, di standby, senza crescite in vista, ma anche senza cadute che del resto non farebbero male a nessuno perché (almeno dalla nostre parti) il passito da fine pasto è una piccolissima parte (2mila bottiglie su 200mila, ad esempio) della produzione delle cantine. L'occasione per fare il punto sul minuscolo comparto è stata offerta dalla Mostra nazionale dei vini passiti e da meditazione nello splendido Palazzo Gonzaga di Volta Mantovana. Quattromila visitatori al giorno nei due giorni festivi sono la conferma dell'interesse mostrato nel 2009, ma sono raddoppiati i partecipanti alle degustazioni segno che chi se ne intende, che confronta, degusta e abbina (col cioccolato o con il gorgonzola) cresce ogni anno.
Tornado al mercato va aggiunto che a livello nazionale la situazione è più complessa perché ci sono le corazzate come il Passito di Pantelleria e la Malvasia delle Lipari che destinano tutta la produzione a vino dolce. La Malvasia delle Lipari ha fermato la corsa, il Passito di Pantelleria continua a crescere. Tra chiari e scuri il risultato è poco sotto lo zero. Il mercato internazionale risente molto della crisi che ha colpito il Regno Unito (dove la ricchezza era prevalentemente finanziaria) più che da noi. I produttori di Porto stanno immaginando un vino rosato secco per smaltire un po' di uve destinate al classico Porto. Il totale è quindi sotto zero. La speranza dei produttori è che la rinuncia al grappino o all'amaro di fine pasto, quando si è al ristorante con la propria auto, sia sostituita da un bicchierino di vino da dessert assi meno alcolico. Qualche segnale c'è.
Prodotto di nicchia
E Brescia? «Bene così, senza immaginare incrementi». A dirlo è Alberto Pancera, minuscolo produttore con la sua azienda Masserino di un gradevolissimo Aura, un passito frutto di uve di Incrocio Manzoni. Pancera è stato soprattutto a lungo presidente dell'Ente vini bresciani, ma ammette che anche durante il suo mandato nessuno ha mai contato le (mezze) bottiglie di passito, un prodotto di nicchia.
Il tempo è passato da quando nel Bresciano c'era solo il Gedife (allora Tokai di San Martino) della Spia d'Italia di Lonato. Oggi qualche bottiglia (dal Garda alla Franciacorta) la fanno tutti e quindi immaginare che nel Bresciano nascano almeno 200mila bottiglie è stima prudente. Del resto non occorrono uve aromatiche così i passiti e liquorosi si fanno con quasi tutte le uve. Da noi si usa anche il Groppello e nel Mantovano si prova anche con il Lambrusco che sono uve rosse.
Quanto alla distinzione tra le due tipologie basterà dire che i passiti si producono lasciando appassire le uve in cassetta per un mesetto (al Sud, dove il sole picchia basta molto meno). La fermentazione viene interrotta in modo da conservare zuccheri residui. Nel caso dei liquorosi la fermentazione viene interrotta con l'aggiunta di alcool. Il risultato è molto simile.
Nuove strade
Ma parliamo di qualche prodotto incontrato a Volta Mantovana con sorprese spesso positive. Tra i non bresciani ci siamo fatti attrarre dal nuovo Lambrusco passito proposto da Ivan Rizzini della Agricola Breda nel Mantovano. È interessante perché conserva un buona acidità e un ricordo di tannini, due caratteristiche che mancano sempre negli altri. Poco entusiasmante invece il passito che Rizzini produce con tutte uve aromatiche: è un bouquet di fiori e frutta intrigante, ma forse troppo invadente.
Inevitabile una Malvasia delle Lipari. A Volta Mantovana c'era Fenech che propone un classicissimo delicato nella struttura e nei profumi certificato Uiv.
Tra i Bresciani abbiamo trovato Elena Zenegaglia che, con Dolceoro, propone un passito di Lugana di Pozzolengo. Molto morbido, pieno, molto dolce, si fa amare per quel pizzico di salinità che medica l'assenza di freschezza. Si è detto di Aura di Masserino di Puegnago a base di Incrocio Manzoni che è lieve di corpo e misurato nei profumi. Si finisce con il berlo più a lungo. Maurizio Pasini dell'azienda omonima di Bedizzole crede nel Groppello. Il suo si chiama Incompreso, ma si fa capire al volo. Si tratta di un Groppello appassito tre mesi, tenuto in legno un anno. È morbidissimo, nobile, poco dolce.
L'ultimo incontro è con l'incredibile Inchino di Gigi Negri de la Guarda di Castrezzone. Il prodotto è già molto diffuso (quasi 5mila bottiglie). Si tratta di un Groppello di Mocasina affinanto a lungo anche in barrique e quindi aromatizzato con 21 essenze, spezie, aromi e radici in cui prevale (ma non troppo) la china. È il Barolo chinato bresciano, ma è più morbido e meno chinato del famoso capostipite. Si abbina alla grande con il cioccolato (ma che non ecceda il 50% di cacao). Non fatevi impressionare se costa la metà del Barolo chinato. Potrebbe piacervi persino di più.
Gianmichele Portieri
 

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