Zelensky vola in Florida da Trump, Putin: «Senza intesa useremo la forza»

Mosca partecipa a «lunghi colloqui», ma a parlare per lei sono ancora una volta «i Kinzhal e gli Shahed». Ieri alla vigilia del faccia a faccia con Donald Trump a Mar-a-Lago, Volodymyr Zelensky descrive l'inferno scatenato dalle forze russe nella notte su Kiev: uno dei bombardamenti più massicci degli ultimi mesi, quasi 500 droni e una quarantina di missili concentrati in dieci ore.
Gli attacchi
Quei raid smascherano «il vero atteggiamento di Vladimir Putin e della sua cerchia: nessuna volontà di porre fine alla guerra», ha accusato il leader ucraino, prima di prendere la rotta della Florida, facendo tappa in Canada per un colloquio con il premier Mark Carney e un'ultima videochiamata con gli alleati europei. Ma lo zar è presto tornato a minacciare, dettando anche sul piano verbale i confini del negoziato: «Se Kiev non vuole risolvere il conflitto in modo pacifico, porteremo a termine l'operazione con la forza», ha tuonato, intimando agli ucraini di «ritirarsi dai territori» rivendicati da Mosca.
L'onda d'urto degli attacchi russi - due vittime, decine di feriti, oltre un milione di famiglie senza elettricità né riscaldamento, mentre la Russia si intesta la conquista delle città orientali di Myrnohrad e Huljaipole - si è estesa ben oltre i confini ucraini. Varsavia ha reagito facendo decollare i caccia e ha guidato la risposta continentale denunciando i bombardamenti «nonostante la disponibilità di Zelensky a fare concessioni».
Le reazioni
Un messaggio che ha trovato eco nel richiamo di Carney alla necessità di «una Russia disposta a collaborare» e tra gli europei impegnati - nel cosiddetto formato di Berlino - nella nuova interlocuzione con Kiev. I partner «hanno concordato che le garanzie di sicurezza per l'Ucraina sono cruciali» e dovranno essere «specifiche e affidabili», ha riferito il premier polacco Donald Tusk subito dopo la videoconferenza durante la quale Friedrich Merz, Emmanuel Macron, Giorgia Meloni e Keir Starmer - insieme anche ai leader di Paesi Bassi, Danimarca, Svezia, Finlandia, Norvegia, ai vertici Ue e al segretario generale della Nato, Mark Rutte - hanno ribadito il sostegno a Zelensky in vista di un incontro dai contorni incerti legati - nella lettura europea - alla volubilità di Trump, sottolineando al tempo stesso il ruolo dell'Europa per scongiurare una pace imposta dall'alto. «Mai come in questo momento», è stato il messaggio di Meloni, è importante «mantenere l'unità di vedute tra partner europei, Ucraina e Stati Uniti, per porre Mosca» di fronte alle proprie responsabilità «spingendola a sedere realmente» al tavolo dei negoziati».
Zelensky e gli europei torneranno a sentirsi subito dopo il faccia a faccia, in vista del quale Kiev «ha tutto il nostro sostengo», ha detto Merz. L'appoggio Ue e Usa, negli appelli del leader ucraino, deve tuttavia compiere un salto di qualità: più solido, in armi e in risorse finanziarie. A dare man forte ci sarà anche il pacchetto da 90 miliardi del prestito ponte Ue concordato il 18 dicembre, al centro della linea di Ursula von der Leyen e Antonio Costa, impegnati a ribadire «l'obiettivo di una pace giusta e duratura che preservi la sovranità e l'integrità territoriale» ucraina e la volontà di «continuerà a mantenere alta la pressione sul Cremlino» e «accompagnare Kiev verso l'adesione all'Ue».
Lo sguardo va anche oltre la guerra e si proietta sulla ricostruzione, con un orizzonte che Zelensky colloca «fino al 2040». Con Washington, ha spiegato, si lavora a una roadmap che potrebbe richiedere tra i 700 e gli 800 miliardi di dollari. A mettere alla prova la sua tenuta è il fronte interno: l'agenzia anticorruzione ha annunciato una nuova indagine che coinvolgerebbe alcuni deputati.
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