«Vent’anni di Areadocks, modello di innovazione e aggregazione»

Sfugge alle definizioni. Sfugge anche al tempo che passa. E anzi, gli anni che ha aggiunto – fino ad arrivare, in questi giorni, ai suoi primi 20 – sono stati, e sono, una risorsa. La chiave, un pezzo dopo l’altro come in un gioco a incastro, per fare di una zona di carico e scarico ferroviario, un anonimo complesso di capannoni alla prima periferia di una città di provincia, una meta da visitare ormai quasi obbligatoriamente se si passa da Brescia.
O da vivere e frequentare abitualmente, a seconda dei gusti, dalla mattina presto alla sera tardi. Oppure tutta la notte. Che cos’è? «Il concentrato delle mie passioni: arredamento, ristorazione, abbigliamento, aggregazione». Il tutto riassunto sotto l’insegna, ormai un brand – e perché no, un fenomeno – conosciuta in tutta Italia: Areadocks.
Marengoni, «passare in Area» è un’azione ormai molto comune e quotidiana nella vita dei bresciani. Areadocks è un universo composito e difficile da spiegare che taglia il traguardo dei 20 anni di vita. Ci spiega come le venne l’idea di dare vita a un’area dismessa a ridosso della ferrovia?
«In questa zona avevo aperto il Seconda Classe (fresco di 25esimo, ndr) che rappresenta la mia anima sportiva (Marengoni è stato un grande rugbista, ndr) e vedevo una grande potenzialità. Per questo presi anche tutti gli spazi attigui dove trasferii la mia attività, quella dell’arredamento, che è il settore da cui nasco. Nel frattempo, oltre al Seconda avevo aperto sul Lago l’Osteria della cantina e, in città, il Dietro le quinte. Dunque avevo iniziato a operare pure nell’intrattenimento. Volevo coniugare e collegare tutti i miei mondi, le mie passioni».
E arrivò il momento di aprire Areadocks.
«Ho viaggiato moltissimo e in giro avevo visto dei concept legati a ristorazione e abbigliamento. Io pensai di fare ristorazione e arredamento. Col fatto che tutto nell’ambiente è in vendita, è sempre l’occasione per rinnovare il locale, proporre novità e magari anche anticipare le tendenze. In fondo, siamo sui binari del treno. I docks sono fatti per il transito e la sosta di cose e persone, quindi questo è un luogo di movimento per definizione. Inoltre, in una grande città passa gente sempre diversa e un locale può restare sempre uguale, ma in una città come Brescia devi saperti sempre rinnovare».
Eppure Areadocks non venne subito capita, ci volle un po’...
«È vero. Piaceva lo spazio perché è emozionale, però non riusciva "a fare breccia". La svolta è avvenuta quando abbiamo cambiato il focus. Prima puntavamo sui grandi eventi, poi man mano lo abbiamo reso un posto da poter frequentare con continuità, nella continuità. Abbiamo iniziato a puntare sulla ristorazione in modo più deciso pensando però anche all’aperitivo e al dopocena. E siamo diventati luogo di incontro e aggregazione».

E poi sono le altre costole di un progetto che a oggi conta, Seconda classe compreso, circa 150 dipendenti...
«E poi abbiamo inserito l’abbigliamento, quindi è nata Areapizza – da colazione a notte – poi la pasticceria e infine l’hotel. Mentre anche l’arredamento si è preso il suo spazio non più in "condivisione" col ristorante. Ma attenzione: è lo spazio arredo il cuore di tutto, è quello che dà energia e impulso perché è quello che ci porta a cambiare sempre. Tutto un pezzo alla volta in un progetto a lungo termine».
Negli anni avete sempre cambiato non solo gli arredi, ma anche le formule e ora Areadocks vive anche, a esempio, di serate a tema.
«Abbiamo diversificato. A partire dalla ristorazione varie proposte tra Loft, Oriental, e Areapizza. E ci sono 6 cocktail bar. Poi, dopo cena, come nelle città internazionali, per chi vuole c’è la possibilità di vivere l’ambiente come un club. Penso poi all’hotel, che è stato un completamento, e che è nato "al contrario": un hotel classico ha tantissime stanze, una reception, una sala ristorante. Noi abbiamo 13 camere e mille diverse soluzioni tra colazione, pranzi, cene e serate. Come se fosse un servizio su misura per i clienti».
Lei si sente un visionario?
«Non mi sento tale. Ho viaggiato e viaggio molto, quindi nella mia offerta cerco di dare tutto ciò che io stesso ricerco per me stesso. Tutto qui».
Inevitabilmente però le aspettative sono sempre più alte: da voi ci si aspetta sempre una novità. Come si fa a continuare a innovare?
«Fanno tanto la passione e la sensibilità, il sentire le cose così anziché viverle come un lavoro. Per esempio: sono appena rientrato da un viaggio a New York e mi sono autoinviato decine di mail con idee, spunti e appunti. Amo la ricerca».
Areadocks ormai è imitatissima in giro per l’Italia...
«Fa piacere pensare di essere di ispirazione così come fa piacere che da fuori Areadocks sia considerata una meta. Sono e siamo orgogliosi. Ma spero che ne siano un po’ orgogliosi anche i bresciani. Tra l’altro cresce la percezione di una Brescia vista non più solo come città del business, ma anche del tempo libero e del divertimento».
Ma per lei Areadocks cosa è?
«Tengo molto a un concetto, che per me anzi è "il" concetto: mi sento di avere delle responsabilità sull’aggregazione dei ragazzi, su ciò che è possibile offrire loro in un’epoca dominata dai telefoni. La socialità è troppo importante, perché dà energia e consente alle persone di creare un senso di appartenenza. Io penso soprattutto ai giovani ai quali vanno offerti servizi importanti per consentire loro di stare insieme. E sulla socialità e l’aggregazione ci deve essere tolleranza: dove non c’è tolleranza non ci può essere visione».
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