Unicatt, l’iniziativa per capire i bisogni delle persone con disabilità
Bende per gli occhi, cuffie per le orecchie, sedie a rotelle e voglia di capire qualcosa di nuovo. Questo tutto il necessario per partecipare a «Mettiti nei miei panni», l’iniziativa ideata dall’Università Cattolica di Brescia per promuovere la consapevolezza dei bisogni delle persone con disabilità. La terza edizione bresciana si è tenuta nel campus di Mompiano.
Il progetto
«L’evento nasce nel 2011 a Milano – ha spiegato Fabrizio Cappelletti, coordinatore del servizio per l’inclusione per Unicatt –. Vista la bontà del progetto abbiamo deciso di aprirlo alle altre sedi, e quindi siamo arrivati a Piacenza, Brescia e Cremona. L’anno scorso i partecipanti sono stati circa 150, è un appuntamento che è in crescita ogni anno. Adesso è aperto anche alle scuole superiori. La cosa più bella è che in questa giornata siamo guidati dai nostri studenti con disabilità, sono loro che accompagnano i loro colleghi durante l’esperienza».
Quattro percorsi sensoriali per immedesimarsi in una persona che deve convivere con una difficoltà, sperimentando la disabilità fisica, uditiva e visiva. «Oggi è una giornata molto importante – ha detto Federico Venturelli, studente di informatica affetto da una malattia neuromuscolare – far vivere in prima persona cosa vuol dire spostarsi in questo ambiente con una disabilità motoria, visiva o uditiva. Per noi è interessante ascoltare cosa ci raccontano, le sensazioni che provano, che magari sono quelle che qualcuno prova ogni giorno o che magari non si accorge di provare perché ormai è routine. Invece è importante riflettere e fa piacere ci sia così grande partecipazione».
Apporto
Molti i partecipanti, quindi, ma anche molti volontari che hanno collaborato alla riuscita dell’iniziativa. «Ho deciso di esserci in questa veste facendo un passo in più rispetto agli anni scorsi, in cui mi ero messa in gioco provando i percorsi – dice Ilaria Irmini, studentessa di scienze della formazione primaria –. Ho sempre trovato questo momento molto toccante, ma non basta empatizzare, serve anche sapere cosa fare per aiutare o agevolare».
Due percorsi, quello visivo e motorio, e due laboratori: quello tecnologico (con apparecchiature per non vedenti) e quello sonoro. «Noi dobbiamo rendere protagonisti i ragazzi dei loro processi formativi ed educativi – dichiara Luigi D’Alonzo, delegato di Rettore per l’inclusione –. Andare all’Università non significa solo studiare e fare esami, ma anche affrontare processi di socialità importanti, fra cui l’elemento inclusivo che è certamente una cosa molto bella».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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