Uccise un connazionale in un bar di Calcinato: a processo, rischia l’ergastolo

Petrit Gega, 53enne di origini albanesi, disse di aver accoltellato Alfons Kola spinto da «voci interiori». Ma il pm ritiene certa la premeditazione
L'intervento sul posto dei carabinieri dopo l'accoltellamento - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it
L'intervento sul posto dei carabinieri dopo l'accoltellamento - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it
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In aula, davanti alla Corte d’assise, il prossimo 11 ottobre per difendersi dall’accusa di omicidio volontario premeditato e con la prospettiva di pagare con il massimo della pena le coltellate inferte il 31 maggio dello scorso anno ad Alfons Kola, 33enne suo connazionale. È questo il rischio che corre Petrit Gega, il 53enne di origini albanesi da una vita residente in Italia e da anni di casa a Lonato del Garda, rintracciato dai carabinieri poche ore dopo l’aggressione mortale con indosso gli indumenti sporchi del sangue della sua vittima.

Il muratore in carcere da poco meno di un anno, davanti al giudice che lo interrogò subito dopo il suo arresto, disse di aver agito fuori di sé, sotto la spinta di non meglio precisate voci interiori. Disse di volersene liberare. Arrivò a chiedere anche l’intervento di un esorcista. In seguito alle sue affermazioni il giudice delle indagini preliminari dispose una perizia psichiatrica per stabilire la sua capacità di intendere e volere al momento del delitto, la sua capacità di stare in giudizio e la sua pericolosità sociale. Gega, secondo il perito, è pericoloso, in grado di affrontare il processo, ma al momento delle coltellate la sua capacità di intendere e volere era grandemente scemata.

Secondo il sostituto procuratore Francesco Carlo Milanesi le ragioni dell’omicidio di Kola non sono da ricercare nella psiche del muratore e tanto meno nelle voci che, a dire di quest’ultimo, l’avrebbero spinto all’omicidio. Le ipotesi investigative che si erano fatte largo nel corso delle indagini indirizzavano gli inquirenti altrove. Innanzitutto verso antiche rivalità famigliari. Tra i Gega e i Kola non sarebbe mai corso buon sangue, anche in Albania: un odio datato e senza confini.

Che a determinare le coltellate mortali possano essere stati traffici illeciti, in particolare di stupefacenti, è alternativa sulla quale, imbeccati da chiamate anonime in caserma, i carabinieri hanno lavorato diverse settimane, ma senza riscontri concreti. Al netto del movente, quel che il pm ritiene comunque certa è la premeditazione. Indipendentemente dalle ragioni, Gega quella sera si presentò al bar armato perché voleva uccidere. E così ha fatto.

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