Il soprintendente Rinaldi: «Regione assente, sindaci senza visione»

Dopo 34 anni in Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio a Brescia, prima come funzionario poi come Soprintendente, l’architetto Luca Rinaldi è andato in pensione. Per lui è dunque tempo di bilanci, soprattutto sulla tutela del paesaggio. «L’emergenza per il Ministero dovrebbe essere il paesaggio, ma non lo è. Lì se si vuole fare vera tutela è una battaglia continua».
Vittorie
«L’abbandono del progetto di ciclovia è una vittoria non mia ma del buon senso. Certo sono stato il primo ad oppormi, e a trascinare anche la Soprintendenza di Verona. Con Trento, provincia autonoma, non c’è stato nulla da fare. Lì le Soprintendenze si occupano solo di edifici e opere d’arte. Il paesaggio è saldamente controllato dalla politica. La tutela è di competenza dell’assessore all’Urbanistica e ai Trasporti, figuriamoci. Hanno scelto di spendere i finanziamenti ricevuti ad ogni costo, anche se crollasse tutta la montagna».

Speculazione edilizia, Report e responsabilità della Soprintendenza di Verona
«Osservo e non giudico. Ho visto il progetto di Punta San Vigilio e mi pare rispettoso. Ma la costa veneta è meno bella è più rovinata della nostra. Guardi in confronto Torri del Benaco e Gargnano. E poi tutti quei campeggi. Funzionavano quando si andava in tenda. Adesso, grazie alle solite maglie larghissime regionali, sono pieni di case pseudomobili prefabbricate. Praticamente gli insediamenti sono stanziali e la gente chiede anche la residenza. Sull’attività di altri Uffici, retti magari da uno storico dell’arte o un archeologo grazie anche alla pessima riforma di Franceschini, non posso giudicare. Il nostro però non è un mestiere è una vocazione. Il coraggio se uno non ce l’ha non se lo può dare. Siamo abbandonati, Roma non appoggia le battaglie di opinione. Specie quando vuoi fare carriera non conviene sollevare polemiche, per poi rischiare il posto o essere spediti al confino».
I sindaci
«Il limite dei sindaci è stato in generale una mancanza di visione strategica per il proprio territorio. La Regione è stata assente e quando è intervenuta ha fatto danni. La mancanza di impegno sulla tutela del proprio territorio è alla base delle decine di bocciature di progetti che abbiamo fatto in questi anni. Ma i sindaci hanno ragione quando lamentano sul territorio la mancanza di sopralluoghi e confronti con i nostri uffici. La nostra autorevolezza passa dal confronto diretto su singole situazioni».
Situazioni di tensione
«Sino al 1997 la tutela del paesaggio del Garda era in capo alla Regione, che aveva un gruppo di funzionari architetti di prim’ordine. Poi sciaguratamente è stata delegata ai Comuni, e da lì è iniziato il caos. Piani regolatori di piccoli Comuni gonfiati all’inverosimile, distese di seconde case e di Rta, le Residenze turistiche che camuffavano le lottizzazioni a schiera, le commissioni paesaggistiche conniventi. Tornato nel 2001 all’inizio ho pensato di poter gestire la situazione, ma mi sbagliavo. Nel 2004 c’era in ballo una grossa speculazione nella piana di Toscolano. L’imponente Cartiera Gardesana, di impianto settecentesco, dava fastidio. Io e un funzionario cercammo di entrare e scattare qualche foto. Fummo bloccati e identificati. Pochi giorni dopo il sindaco Paolo Elena si inventò un pericolo di incolumità pubblica e la fece atterrare un mattino, mandando la comunicazione in ritardo al nostro Ufficio. Un vero blitz, e non è stato il solo. Decisi di cambiare atteggiamento. Venne istituito un gruppo di lavoro dedicato al Garda, e i dinieghi cominciarono a moltiplicarsi».
Quale fu la reazione
«All’inizio totalmente negativa. Tra l’altro le altre Soprintendenze vicine, come quella di Milano, non facevano nulla per la tutela del lago di Como o il Maggiore e noi venimmo notati, anche dalla stampa e tv nazionali. Schiere di avvocati si mobilitarono. Allora potevano bocciare i progetti non nel merito ma solo per legittimità e i dinieghi andavano motivati accuratamente. Perdemmo anche diverse cause. Poi dal 2009 i nostri pareri, in mancanza di un Piano Paesistico Regionale, che la Lombardia aspetta esattamente da quarant’anni, diventarono vincolanti. Nel frattempo c’era stato la crisi finanziaria globale, con il crollo del mercato immobiliare nel 2008, e le prime inchieste della Magistratura sulla speculazione edilizia gardesana, come quelle sulla megalottizzazione abusiva di Peschiera nel 2008, e dunque la bolla speculativa venne fermata. Io però, che aspiravo a tornare a Milano, venivo mandato al confino a Trieste, una Soprintendenza di fascia inferiore, praticamente una punizione con demansionamento».
Il ritorno nel 2019
«La situazione era più o meno la stessa, ma l’edilizia era ripartita, assieme ad alcuni interventi emblematici, come la Ciclovia di Limone, fatta passare dal mio successore come “provvisoria e rimovibile”. La richiesta di case era sostenuta da tedeschi, austriaci e altoatesini, che portavano le loro imprese, i loro soldi, e le loro influenze come si è visto per nel crack del gruppo di Benko e Signoretti. Questi operavano non solo a Riva, ma portano avanti anche il progetto dei Cantieri del Garda, il Borgo+39 a Toscolano, altra vicenda su cui ci siamo battuti un ventennio».

La legge regionale sul Consumo di suolo
«Fumo negli occhi. Gli interventi più impattanti, le infrastrutture, la logistica, magari lo spostamento dell’Ospedale di Desenzano non passano mica al vaglio della legge. E poi non è retroattiva. I comuni hanno ancora in pancia decine di piani di lottizzazione, alcuni purtroppo già anche convenzionati, per soddisfare gli appetiti degli immobiliaristi per decenni».
Stop alle seconde case, solo hotel di lusso

«È solo il gioco dell’economia. Finchè dura. Si sono svegliati tutti assieme. Numerosissime le ristrutturazioni e le richieste di ampliamenti massicci, ma anche le nuove proposte, praticamente in ogni Comune del lago. A Salò addirittura tre nuovi enormi alberghi, di Frankenthaler alla Tavina, l’A-rosa dei tedeschi alle Zette di Salò, una vera portaerei in un’area intatta che si poteva anche ridurre, e il prossimo sarà a Cisano. E poi lo Stroblhof a Formaga, in cui il Comune ha concesso di utilizzare la volumetria di una Rsa di interesse pubblico, e quello di Punta Grò a Sirmione, posto delicatissimo, dei Noa di Bolzano. Un lavoro faticosissimo. Partono magari da poco, poi con varianti cercano di ottenere le fatidiche cento stanze che ritengono obiettivo minimo».
I Comuni
«Sono contenti e fanno passare più o meno tutto. I progetti poi arrivano da noi. Metà li bocciamo subito per l’assoluta insostenibilità ambientale e paesaggistica, sull’altra metà riduciamo drasticamente le volumetrie concesse. La veste architettonica e i materiali vengono spesso totalmente rivisti. Funzioniamo come una specie di Commissione d’Ornato».
Sempre più anche architetture e interventi di qualitàsul Garda
«Certo, anche qualche archistar, come Boeri, che ha fatto una brutta figura con la Casa di Comunità di Salò, che dopo gli applausi della Moratti, di Bertolaso e del Comune è stata bocciata da noi e completamente rivista da un altro professionista milanese. Il problema è che si trovano su due fuochi. I Comuni illudono e i proprietari chiedono volumetrie spropositate e lì non c’è qualità che tenga. Guardi l’Eden sopra Gardone. L’avevamo accettato anche per la qualità degli edifici, un catalogo della migliore architettura contemporanea, da Chipperfield a Richard Meier. Ma alla fine li hanno messi uno addosso all’altro, e la gente spende se ha spazio a disposizione, non per una lottizzazione. E poi volevano lottizzare la vicina pineta, ma lì li abbiamo bloccati dopo un lunghissimo braccio di ferro».

Battaglia solitaria
«Sono tempi duri. Alla stragrande maggioranza non interessa nulla dell’ambiente, del paesaggio, della qualità degli edifici. Interessano i soldi e il proprio tornaconto. E l’attuale politica li rappresenta. Pensi che per bloccare la Ciclovia, che anche un cieco avrebbe capito che sarebbe stato uno scempio, ho puntato tutto sul possibile danno economico alle attività alberghiere e dei privati, non certo sull’inesistente coscienza civica, che sta crescendo, ma troppo lentamente».
Processo irreversibile
«Io personalmente sono per l’opzione zero, cioè per il blocco totale dei nuovi insediamenti. Si lavori sulle ristrutturazioni e sulla ricucitura del paesaggio, specie del basso lago, ed anche delle bellissime colline moreniche retrostanti. Tutto quello che vediamo è provvisorio. Il terreno inedificato regge se c’è un uso agricolo di qualità, vigneti e oliveti. Se no per preservarlo c’è solo il vincolo. Guardi Maguzzano e il lido di Lonato. Si è salvato grazie a quello. Ma appena passi il confine di Padenghe sembra di essere in una città messicana».
La situazione peggiore

«Campione, ridotto ad un bivacco. Gli edifici che avevo fatto tutelare, esempi importanti di archeologia industriale lombarda, abbandonati, sventrati, ridotti a depositi o parcheggi. Una vergogna. Ma cosa intende fare il Comune?».
I territori
«Gargnano quello più conservato, Toscolano e Manerba quelli più rovinati. Ma anche Soiano e Padenghe si difendono».
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