Dalla Siria a Brescia, la telefonata in lacrime: «I nostri cugini liberati»

Anche per la comunità siriana della nostra provincia sono ore concitate. Un rifugiato di Damasco che vive nella Bassa: «Ho pianto quando sono entrati i jihadisti ad Aleppo»
Festeggiamenti a Damasco dopo la caduta di Assad - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Festeggiamenti a Damasco dopo la caduta di Assad - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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«I nostri cugini sono usciti dal carcere. Sono vivi, fratello!». La telefonata di una sorella in lacrime arriva dalla Siria proprio mentre Yassine (nome di fantasia) parla con noi, nel cuore della Bassa Bresciana, di quanto sta accadendo nel suo Paese. È la conferma – casomai ce ne fosse bisogno – di quanto queste ore siano pervase di incertezza e speranze per i siriani che vivono nella nostra provincia.

Via da Damasco

D’altro canto, la scelta di Yassine di rimanere anonimo è chiaro segno di quanta preoccupazione desti ancora il potere autoritario siriano. Lui è di Damasco ed è padre di tre figli. Scappato dalla guerra dieci anni fa, oggi è proprietario di un’attività commerciale in provincia. «Sono arrivato qui come rifugiato. La guerra in Siria mi ha costretto a fuggire – racconta –. Mia madre, mio padre e mio fratello sono morti a causa di un missile che ha distrutto la nostra casa. Sono sopravvissute solo le mie due sorelle. E i miei cugini che fino a poco fa credevo perduti per sempre».

Nel raccontare le torture subite dai suoi familiari, Yassine si commuove: «Le persone in carcere vengono picchiate, abusate sessualmente, denudate di vestiti e dignità – dice –. A Damasco c’è una prigione che è stata costruita accanto a un fiume. Un giorno ricordo che l’acqua era divenuta di colore rosso. Si intravedevano parti di cadaveri. Ho pregato che non fossero i miei cugini».

Timori

La comunità siriana nel mondo in queste ore sta celebrando la fine del regime - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
La comunità siriana nel mondo in queste ore sta celebrando la fine del regime - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it

Tra i siriani di casa nel Bresciano c’è chi, invece, è scettico. «Ho pianto quando sono entrati i jihadisti ad Aleppo – racconta M. S., bresciana di origine siriana. Sua la scelta di dichiarare solo le iniziali –. Certamente non adoravo il regime precedente, ma almeno vivevamo in uno Stato con confini stabili. Ora manca un potere centrale e regna il caos». M. S. è una sociologa e vive a Brescia da 13 anni. Sul nuovo sistema politico, la donna ha molti i dubbi. «Non si può fare rivoluzione senza avere un piano chiaro. Mi è difficile credere che questi jihadisti abbiano a cuore la Siria – confessa –. Come si può far parte dell’Isis e il giorno dopo presentarsi come persone che vogliono il meglio per un popolo? È un paradosso».

A destare preoccupazione tra i cittadini siriani c’è anche la questione religiosa. «Temiamo che ci sia un’ondata di odio verso i siriani di fede cristiana che rappresentano, di fatto, una minoranza. Ad Aleppo, si è sempre festeggiato il Natale insieme ai musulmani. Spero sarà ancora così».

Anche speranza

«Non voglio che la mia Siria diventi una seconda Libia o un secondo Iraq». Chi parla è M. F., 52 anni, di casa a Brescia, che al pari dei suoi connazionali chiede espressamente che il nome per esteso non sia diffuso. «Temo per una Siria divisa. I grandi Paesi ci hanno preso il petrolio, bruciato gli ulivi e fatto la guerra. Ho paura che tutto questo sia solo un mezzo per spartirsi la nostra terra». M. F., originario di Damasco, lavora come operaio da sette anni. «Gioisco per la fine di Assad, ma non posso fare altrettanto sulle modalità con cui si sta costruendo la nuova Siria – dice –. Hanno aperto tutte le carceri e liberato i prigionieri. Ma questo è un danno. Molti di loro erano persone che avevano commesso reati gravi, c’è chi ha violentato donne o ammazzato persone. La mia famiglia, che vive lì, ora ha paura».

M. F., però, ha speranza nel futuro: «Ciò che mi rasserena è che si è trattato di cambiamento senza sangue. Certo, brusco e discutibile, ma senza morti. Inoltre, i palazzi degli organi politici non sono stati distrutti. Credo sia positivo».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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