«Sì» al daspo urbano: l’unanimità c’è, ma con il centrodestra

Seduta fiume fino a notte fonda con 17 emendamenti e negoziati senza sosta tra vittorie e delusioni
Palazzo Loggia, sede del Comune di Brescia - Foto Pierre Putelli/Neg © www.giornaledibrescia.it
Palazzo Loggia, sede del Comune di Brescia - Foto Pierre Putelli/Neg © www.giornaledibrescia.it
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Alle 8.30 del mattino, sono le formazioni ai tavolini del bar a confermare che tutto è ancora possibile, che le negoziazioni non sono finite. Stesso plateatico, borbottii differenti: un gruppo di sedie è occupato da Valter Muchetti, Beatrice Nardo, Pietro Ghetti, Mirco Biasutti, Michela Tiboni; tre metri scarsi più in là la conversazione parallela è tra Andrea Curcio, Raisa Labaran, Roberto Cammarata, Francesco Catalano e Marco Fenaroli, raggiunti da Anna Frattini, che però resta in piedi (e l’iconografia in questi casi non è secondaria). Da entrambe le parti ci sono tre categorie: i convinti al 100%, gli scettici e gli sherpa (dell’una e dell’altra fazione). Non è finita. Girati due angoli, in bella vista ma senza folla attorno, la colazione è tra Valentina Gastaldi e Arshad Mehmood, che con schiettezza certifica l’istantanea: «Io, e non solo io, non ho ancora deciso come voterò: vediamo...».

Prologo del d-day del daspo urbano, che arriva dopo una interminabile settimana di caffè e sgambetti. Per tutta la giornata del Consiglio comunale la palla resta in movimento: deve ancora toccare più sponde prima di capire dove si arresterà. Insomma, gli ultimi giorni per il centrosinistra sono stati un periodaccio. Di tensione e cattivi pensieri. Di principi e trattative. Di azzardi e di compromessi infine (in parte) raggiunti. Così - con una trama che politicamente sembra destinata ad avere un secondo tempo - il daspo diventa realtà a tarda sera.

Trattative

Per tutto il pomeriggio i caminetti che hanno «apparecchiato» il percorso si sono svolti fuori dall’Aula: una sorta di Consiglio comunale di maggioranza parallelo, durato dalle 14 alle 17.30. Tutti, mentre dentro si discuteva della variazione di bilancio e del Documento unico di programmazione, tenevano d’occhio più le assenze che le presenze. È nei corridoi che i crucci vengono a galla, fino a mandare in confusione anche chi era convinto ad appoggiare il provvedimento: «Con tutto questo taglia e cuci, non capisco più cosa sto votando» confessa una consigliera.

E non manca chi fa notare: «Non vedete quanto è felice la destra?». La Sinistra, soprattutto, vive momenti tribolati: «Ci sta venendo il dubbio che vogliano spingerci a uscire dalla maggioranza». Severo l’affondo di Valentina Gastaldi (Bs Attiva), che parla di «percorso deludente», perché «non mi fa paura una maggioranza con idee diverse, purché ci si arrivi con rispetto, dialettica e partecipazione. Non è stato così, c’è stato accentramento nelle decisioni».

Nel merito

A presentare la delibera è l’assessore alla Sicurezza Valter Muchetti: «Nessuno viene lasciato solo, tranne chi non vuole essere aiutato. Il daspo non è uno strumento risolutivo, ma uno degli strumenti a disposizione, insieme a una serie di interventi sociali. Si terrà monitorata la situazione e saremo pronti a rivedere i perimetri in alcune zone». L’intervento politico è rivolto sia a destra sia a sinistra: «Il daspo purtroppo è diventato un simbolo, per qualcuno la panacea dei mali, per altri il male assoluto: spero cada questa lettura». Il primo sponsor della delibera è Azione e non a caso il presidente della Commissione Luca Pomarici dice: «Finalmente usciamo dal periodo nero dei divieti ed entriamo nella Brescia del futuro». Daniela Del Ciello (Pd) rassicura: «Rimarremo una città che cura. La premessa, condivisa, di questo atto è un ampio senso civico e di responsabilità».

Crucci

Il centrodestra era sul carro del «sì» dal principio, anche se avrebbe preferito un provvedimento più restrittivo. Ma di fatto considera il via al daspo una vittoria propria: «Lo chiediamo da un anno» ricorda Massimiliano Battagliola (Civica Rolfi). Mentre il dibattito cerca di prendere il suo ritmo, Carlo Andreoli (FdI) rivendica: «Questo atto è a firma centrodestra e ci arriviamo oggi perché la situazione è ben diversa da quella che avete descritto per mesi».

Fabio Rolfi gongola: «Il daspo era nel nostro programma e ne rivendichiamo la paternità: seppur ci si sia arrivati in modo rocambolesco e senza partecipazione, abbiamo inciso sull’agenda politica della città. Politicamente non potevamo chiedere di meglio». A prendere le distanze sono sia l’assessore Marco Fenaroli sia il consigliere Fabio Capra (Pd), che ricorda - disintegrandolo - l’operato della Giunta Paroli. Andrea Curcio tira dritto e spiega la sua presa di distanza dal daspo: «Non risolve i problemi della nostra città, ma soprattutto non punisce gli atti criminosi: punisce dei comportamenti. La precedente amministrazione ha applicato la legge che già c’è ricucendo e riqualificando, mentre il daspo rischia di punire anche persone che sono costrette, per condizione, a tenere alcuni comportamenti e questo è rischioso. È poi palese che nell’ultimo anno ci sia un tentativo da parte del centrodestra di gridare "al lupo al lupo" e questa egemonia culturale sulla sicurezza la dobbiamo combattere, non assecondare».

Alle 23.15 (dopo 17 emendamenti e 14 ore sul ring), c’è l’intesa col centrodestra, non l’unanimità nel centrosinistra: due contrari (Francesco Catalano di Al lavoro con Bs, convinto che «il daspo colpirà le situazioni di marginalità» e Gastaldi) e un astenuto (Curcio). Nell’algebra politica però la matematica non è l’unico aspetto che conta: il centrosinistra, affaticato, ha retto il colpo. Ma, certo, dovrà guardarsi in faccia. La base non è mancata, tuttavia ha esplicitato un messaggio: c’è un patto di coalizione e nella maggioranza i gruppi politici, è vero, hanno un peso specifico diverso, ma lo hanno anche le alleanze tra compagini più piccole. Per questo servirà fare un check-up politico: alla prova dei voti, a lungo andare, le geometrie variabili possono essere un rischio.

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