Sanitari per Gaza, il presidio fuori dal Civile fino al 9 maggio

Christian Predolini
Il gruppo bresciano ha allestito fuori dagli Spedali Civili una tenda che sarà attiva 24 ore su 24: l’obiettivo è sensibilizzare e protestare
  • Il presidio del gruppo Brescia di Sanitari per Gaza fuori dal Civile
    Il presidio del gruppo Brescia di Sanitari per Gaza fuori dal Civile - © www.giornaledibrescia.it
  • Il presidio del gruppo Brescia di Sanitari per Gaza fuori dal Civile
    Il presidio del gruppo Brescia di Sanitari per Gaza fuori dal Civile - © www.giornaledibrescia.it
  • Il presidio del gruppo Brescia di Sanitari per Gaza fuori dal Civile
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Una tenda per sensibilizzare, una tenda per protestare, ma anche una tenda come atto civile. Nonostante le nuvole e la pioggia che hanno accompagnato il pomeriggio del 6 maggio, attraverso una conferenza stampa è stato inaugurato, nel piazzale degli Spedali Civili di Brescia, un presidio promosso dal gruppo Brescia di Sanitari per Gaza.

La tenda attiva 24 ore su 24 fino al 9 maggio, ha lo scopo di richiamare l’attenzione sulla crisi umanitaria in corso nella Striscia di Gaza, una crisi che prosegue ormai da oltre un anno e mezzo, e che continua ad aggravarsi. Proprio il 6 maggio, quasi a sottolineare la necessità di non distogliere lo sguardo dalla crisi in corso, lo Stato di Israele ha approvato un nuovo piano militare che prevede l’espansione delle operazioni nella Striscia di Gaza, la conquista dell’intero territorio e il mantenimento di una presenza militare a tempo indeterminato. Il piano, la cui attuazione è prevista dopo la visita del presidente statunitense Donald Trump nella regione, contempla anche lo sfollamento di centinaia di migliaia di civili palestinesi.

La situazione a Gaza

Gli aiuti umanitari da 66 giorni non riescono ad accedere alla Striscia, e i pazienti gravi non possono essere evacuati per ricevere cure adeguate altrove. Il dottor Muhammad Abuhilal, presente al presidio, ha descritto un sentimento diffuso di sconforto tra gli operatori sanitari, maturato nonostante gli sforzi continui portati avanti da attivisti e volontari in tutto il mondo. Tuttavia, ha precisato che le attività non si fermeranno e proseguiranno finché gli scontri non cesseranno, una posizione accolta con consenso da parte dei presenti.

Secondo gli ultimi dati comunicati dagli organizzatori, dall’inizio del conflitto sono state uccise 52.418 persone, e 118.091 risultano ferite, di cui circa 14.000 in condizioni gravi. I dispersi ammontano a 11.200. Circa il 70% delle vittime sono donne e bambini. La crisi umanitaria è aggravata dalla distruzione sistematica del sistema sanitario: 1.355 operatori sanitari sono stati uccisi, centinaia sono stati incarcerati. Circa 60.000 donne in gravidanza non hanno accesso ad alcun tipo di assistenza medica, così come i pazienti oncologici o affetti da patologie croniche e infettive.

Tra i dati più duri da accettare riportati dal dottor Abuhilal vi è quello dei 274 neonati morti durante il conflitto: bambini che non hanno conosciuto altro se non la guerra e la morte. A Gaza, inoltre, ogni giorno dieci bambini subiscono un'amputazione, spesso a causa della mancanza di medicinali adeguati per curare le ferite o gestire le infezioni. In molti casi, queste amputazioni vengono eseguite senza anestesia, per l’assenza di farmaci anestetici.

I presidi in tutto il mondo

Suela Plaka, rappresentante del gruppo Sanitari per Gaza a livello bresciano, nazionale e internazionale, ha dichiarato che presidi simili sono stati organizzati in tutto il mondo, ma che localmente si nota una partecipazione sempre più ridotta. Da qui, l’invito diretto a cittadini e rappresentanti delle istituzioni locali a non distogliere lo sguardo.

Donatella Albini ha invitato a sostenere concretamente l’azione di Palmed Italia (Associazione dei medici palestinesi in Italia), attraverso una donazione al progetto «Primo soccorso Gaza». Albini ha poi aggiunto che la guerra non è un racconto distante ma è qui da noi, riportando la testimonianza diretta di una donna palestinese, attualmente accolta a Brescia con i suoi figli: «Aspetto il mio quarto bambino. Ne ho perso uno l’anno scorso. C’è stato un bombardamento, ho preso in braccio gli altri bambini e sono fuggita. Ho perso sangue, ma non c’era nessun ospedale dove andare».

In chiusura è stato rinnovato l’appello alle autorità pubbliche affinché visitino il presidio e incontrino i volontari, sottolineando il valore civile e politico dell’iniziativa, che dovrebbe sollecitare la coscienza collettiva. A sintetizzare questo richiamo, le parole conclusive di Donatella Albini: «Bisogna ritrovare le radici della politica che sente le ferite dell'umanità”.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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