Roma dice «no» al piano Sanpolino, l’ultima chance è un «progetto mini»

Il rischio era altissimo. E alla fine, di fronte allo schema presentato, è scattato il semaforo rosso: parere negativo. Il piano B della Loggia che «traslocava» il progetto di edilizia residenziale da San Polo (su cui sorgeva la ex torre Tintoretto) a Sanpolino è sfumato. Almeno lo è per come era stato immaginato, con tre palazzine e 150 alloggi complessivi su un’area - quella situata accanto alla chiesa ortodossa - sdraiata su oltre 40mila metri quadrati, spazi verdi inclusi. E a sfumare, per Brescia (oltre ai 17,3 milioni di euro del Foi, il Fondo opere indifferibili) sono così anche i 42,4 milioni di euro del bando Pinqua (Programma innovativo nazionale per la qualità dell’abitare) confluiti poi all’interno del Pnrr.
L’affresco non è dei migliori: la comunicazione ufficiale, verbale di «bocciatura» incluso, verrà recapitata a Palazzo oggi. Ma (forse e in extremis) c’è ancora una manciata di ore per non perdere l’intera somma.
Fattore tempo
La ragione chiave del niet romano sta in una proporzione: rapporto tra dimensioni del progetto (ancora tutto da realizzare, fattore non trascurabile) e tempo a disposizione per farlo. Che, tradotto in dati, significa questo: il proposito messo sul tavolo dal Comune punta(va) a realizzare tre lotti di alloggi con un canone accessibile, articolati in altrettanti edifici e recuperando parecchi spazi verdi (il piano d’azione prevedeva il coinvolgimento di Brescia Infrastrutture e l’ingaggio di tre ditte in grado di lavorare sul quartiere in parallelo). Uno storytelling che però l’Alta Commissione Pinqua ritiene incompatibile con la road map del Pnrr, nel dettaglio: la gara d’appalto e la progettazione si «mangerebbe» tutto quest’anno, facendo scivolare il via ai cantieri a fine gennaio. Il che significa che le imprese dovrebbero costruire le palazzine e gli spazi pertinenziali, chiavi in mano al Comune, in un anno e due mesi. Missione giudicata se non impossibile, almeno «troppo rischiosa» da Roma.
Lo spiraglio
Alla luce di questo, il «piano B del piano B», uno spiraglio imbrigliato però nel fattore tempo, potrebbe (teoricamente) esserci: ridimensionare il progetto.
La strada è impervia, ma nei corridoi (tanto quelli romani quanto quelli bresciani) da prima di Pasqua qualche giorno «viaggiava» l’idea di un piano Sanpolino ridotto di circa il 50% rispetto al prospetto originale: in questo modo, da un lato, Brescia potrebbe consolarsi con 21 milioni di euro (piuttosto che perderne 42,4 in blocco, meglio tenersene la metà, è il ragionamento di chi propendeva per una mediazione preventiva) e, dall’altro, Roma avrebbe un tesoretto di altrettanto valore da convogliare su altre città.
Le ore a disposizione per una trattativa al fotofinish sono queste: risicate e cruciali. Non a caso la Loggia sta attendendo (con un certo cardiopalmo) una chiamata proprio dal Ministero delle Infrastrutture per un incontro annunciato, ma che fino ad oggi non ha ancora trovato un posto preciso in agenda. Se la mediazione politica andasse a segno nelle prossime ore, i 42,4 milioni del Pnrr sfumerebbero sì lo stesso, ma per il capoluogo non sarebbe una sconfitta a saldo zero. Certo, è innegabile che l’impresa sia a questo punto in equilibrio su un filo sottilissimo. D’altro canto, si sapeva: il dossier Sanpolino era a tutti gli effetti un «rischiatutto».
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