Pro Vita: «Manifesti anti gender censurati del Comune di Brescia»

Il Comune di Brescia, tramite la società Brescia Mobilità, ha negato il permesso di affiggere in città i manifesti realizzati nell’ambito della campagna «Mio Figlio No - Scuole Libere dal Gender» di Pro Vita & Famiglia. Lo rende noto la stessa Onlus, spiegando che i manifesti raffigurano immagini, generate con l'AI, di bambini e adolescenti accompagnate da messaggi come «Oggi a scuola un attivista Lgbt ha spiegato come cambiare sesso» scritto da Giulio, 13 anni. La Onlus in una nota scrive di aver presentato richiesta di affissione il 24 marzo scorso, e che la stessa è stata rigettata in prima istanza dal Comune il 16 aprile, «e a nulla sono servite le ulteriori osservazioni di legittimità avanzate da Pro Vita & Famiglia il successivo 23 aprile».
«È una censura preventiva assolutamente ideologica, messa in atto con motivazioni false, pretestuose e prive di ogni fondamento», commenta Jacopo Coghe, portavoce della onlus, spiegando che «nel documento di rigetto si parla di mancanza “di finalità sociali” e addirittura che il nostro messaggio sarebbe lesivo della comunità Lgbtq+, che falsificherebbe la realtà e che contesta il diritto di autodeterminazione dell'orientamento sessuale».
La risposta della Loggia
Il Comune di Brescia ha risposto alle accuse. «I cartelloni pro vita “Mio figlio no. Scuole libere dal gender” non rispondono ai requisiti previsti per l’accesso al servizio delle pubbliche affissioni, che è riservato a comunicazioni con finalità istituzionali o sociali. I manifesti, infatti, non veicolano un’informazione utile o di interesse pubblico, ma trasmette un messaggio fortemente divisivo e ideologico. Dal punto di vista sia testuale sia visivo, il contenuto del cartellone veicola un messaggio che non solo mette in discussione il diritto all’autodeterminazione dell’orientamento sessuale, ma esprime anche un giudizio negativo nei confronti della comunità LGBTQ+, suggerendo che la sua presenza nelle scuole sarebbe dannosa per i bambini», si legge in una nota.
Il comunicato prosegue: «Tale messaggio, oltre ad essere potenzialmente fuorviante – considerato che non risulta vi siano state iniziative scolastiche riconducibili al movimento LGBTQ+ nel territorio comunale – si configura come una distorsione della realtà finalizzata a creare allarme e ostilità, in contrasto con i principi di verità, correttezza e buona fede che devono caratterizzare l’uso degli spazi pubblici. Questo tipo di comunicazione è dunque incompatibile con l’interesse pubblico e con i principi costituzionali di imparzialità, proporzionalità e rispetto della dignità della persona sanciti dagli articoli 2, 3 e 97 della Costituzione, nonché con l’art. 1 della legge 241/1990 sul buon andamento e la trasparenza dell’azione amministrativa».
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