CronacaBassa

Sul cornicione della chiesa di Ghedi cresce una pianta di fico

Gianantonio Frosio
La facciata della parrocchiale è danneggiata dal tempo e dalle infiltrazioni di acqua. Il parroco: «Ci vorranno almeno due anni». Fondi, verifiche e permessi i nodi da sciogliere
Il fico abbarbicato sul cornicione della facciata della chiesa di Ghedi - © www.giornaledibrescia.it
Il fico abbarbicato sul cornicione della facciata della chiesa di Ghedi - © www.giornaledibrescia.it
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Edificata nel XVII secolo, ristrutturata più volte nel corso degli anni, la chiesa parrocchiale dedicata a Santa Maria Assunta ha bisogno di un corposo ritocco all’imponente facciata. A guardarla così sembra tutto a posto, ma da vicino si vede che il tempo e le infiltrazioni d’acqua si sono dati da fare. Emblema del degrado è la sfrontata e improbabile pianta di fico che, sbocciata da un seme lasciato dal vento o dai piccioni, cresce sul cornicione lassù a 27 metri, abbarbicata alla facciata come un paguro bernardo al suo guscio. Neanche fosse casa sua...

Passaggi obbligati

Qualcosa s’ha da fare, ma non a breve. Per scaramanzia, il parroco don Lucio Sala parla di «un paio d’anni d’attesa». Forse esagera, ma non più di tanto. È che, prima di aprire il cantiere, sono necessari alcuni passaggi obbligati.

La chiesa parrocchiale di Ghedi - © www.giornaledibrescia.it
La chiesa parrocchiale di Ghedi - © www.giornaledibrescia.it

Innanzitutto è necessario verificare l’entità del danno. Operazione fattibile, anche se bisogna arrivare fin lassù, a quasi 30 metri da terra, e poi ancora più in alto, dove, a destra e a manca, svettano due smilzi pinnacoli che, insieme con la croce di ferro centrale, sembrano messi a guardia del tempio. Ma dal momento che la chiesa è sottoposta a tutela, per procedere con questa operazione preliminare bisogna passare dalla Curia e avere l’autorizzazione della Soprintendenza.

Il parroco e i suoi collaboratori l’hanno già chiesta lo scorso 23 maggio, specificando le indagini che intendono fare: saggi stratigrafici per indagare l’eventuale percorso evolutivo della facciata (natura e composizione della muratura, degli intonaci e delle dipinture). Solo quando la Soprintendenza darà l’ok, i tecnici potranno salire su un potente elevatore per verificare in loco lo stato della facciata e l’entità dei danni provocati dalle infiltrazioni. A quel punto si potrà confezionare il progetto esecutivo dell’intervento, che, va da sé, dovrà essere sottoposto al parere della Soprintendenza: se arriverà anche il secondo ok, i lavori potranno finalmente partire.

Vista la trafila, i due anni ipotizzati dal parroco non sono campati in aria. A questa incertezza s’aggiunge quella dei costi: per avere un’idea minimamente attendibile della spesa bisogna attendere l’esito delle verifiche. A spanne, la sensazione è che l’intervento costerà un bel mucchio di soldi. Dove trovarli? Al momento don Lucio non ha la più pallida idea. Ma, confidando (anche) nella Provvidenza, è ottimista: «In un modo o nell’altro, li troveremo».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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