Trent’anni dall’omicidio Gucci: «Così ho risolto il caso»

Sono trascorsi trent’anni dall’omicidio di Maurizio Gucci, uno dei casi di cronaca nera che più hanno segnato la storia del nostro Paese negli ultimi decenni. Vi riproponiamo un’intervista del 24 marzo 2021 al magistrato che indagò sul caso, l’ex procuratore aggiunto di Brescia Carlo Nocerino, oggi procuratore capo a Busto Arsizio.
Le indagini
«Quel 27 marzo 1995 ero di turno in esterna – spiega –. Per i giornalisti che frequentavano il Palazzo di giustizia fu un diversivo dopo gli anni di tangentopoli e del pool di Mani pulite», ricorda. E continua: «In due anni di indagine abbiamo seguito diverse piste investigative. Ovviamente al primo posto c’era quella che portava all’ex moglie Patrizia Reggiani e il suo telefono venne infatti subito intercettato».
La giustizia milanese entrava così in un mondo dorato. «Ricordo che l’intercettazione ambientale era stata un problema perché la signora Gucci abitava in un super attico in Piazza San Babila ed era impossibile intercettare un appartamento così enorme. Facemmo anche un tentativo di installare una telecamera per vedere quantomeno chi entrava e usciva».

I soldi
Gli inquirenti fissarono fin da subito un punto di partenza: i soldi. «La Reggiani – racconta l’attuale procuratore aggiunto di Brescia – veniva da una separazione molto combattuta e fu il primo aspetto che ci fece pensare a lei. Avevamo sentito i legali sia suoi che di Maurizio Gucci. Era emersa una guerra dei Roses all’italiana. La vittima poi aveva appena venduto le azioni del suo gruppo agli arabi di Investcorp e ricordo che quando tentai di fare un’indagine sulla Investcorp ci venne detto che sarebbe stato impossibile perché era una società che gestiva i soldi di tutti gli sceicchi».
All’estero
Oltre a Patrizia Reggiani, carica di rancore per la nuova relazione del marito, gli inquirenti cercarono all’estero. «Seguimmo una pista svizzera perché stava aprendo un casinó a Crans Montana e poi scoprimmo che Maurizio Gucci prima della cessione delle azioni aveva ricevuto un corposo finanziamento da Delfo Zorzi, sospettato in passato di essere stato uno degli esecutori materiali della strage di piazza Fontana e di Piazza della Loggia. Nel 1995 Zorzi era già naturalizzato giapponese con il nome di Roi Hagen e lo interrogai in accordo con lui a Parigi perché non voleva venire in Italia per paura di essere arrestato. Fu un interrogatorio lungo con un personaggio inquietante. Mi resi conto però che con l’omicidio non c’entrava nulla anche perché Gucci gli aveva restituito i soldi che lui gli aveva prestato».
La soffiata
La svolta arrivò nel gennaio del 1997 grazie ad una telefonata di colui che aveva raccolto le confidenze di uno dei componenti del gruppo che uccise Gucci. «Ci saremmo arrivati comunque a Patrizia Reggiani anche se, senza dubbio, quella soffiata accorciò di un anno i tempi di indagine» ricorda il magistrato. «Stavamo già intercettando Giuseppina Auriemma, maga e dama di compagnia di Patrizia Reggiani. Aveva aperto in passato anche un negozio Gucci a Portici, che per una strana coincidenza è anche il paese dove sono cresciuto io. Lei e la Reggiani si erano conosciute così» è il pensiero di Nocerino prima di tornare alla famosa telefonata chiave.

«Chi ci fece la soffiata aveva chiamato i carabinieri che però non gli hanno dato credito. Allora telefona al centralino della Criminalpol e il poliziotto capisce che può essere una persona credibile. Andai a Piazza San Sepolcro a Milano la sera stessa per ascoltarlo. Registrai la sua deposizione. Lui parlò perché aveva paura, aveva sentito tutti i racconti su come era avvenuto l’omicidio di Maurizio Gucci dal portiere dell’albergo dove di fatto viveva e il killer lo aveva impressionato. Temeva di essere fatto fuori perché sapeva tutto». E poche settimane dopo la soffiata Patrizia Reggiani vedova Gucci viene arrestata con l’accusa di omicidio.
Con lei finiscono in cella Benedetto Ceraulo, considerato l’autore materiale dell’agguato, l’autista Orazio Cicala, la maga Giuseppina Auriemma e il portiere d’albergo Ivano Savioni. «Tranne il killer che non ha mai confessato gli altri non erano delinquenti strutturati. Ricordo – aggiunge il magistrato – che Patrizia Reggiani stava molto sulle sue. Era attenta alle risposte».
Alla fine lady Gucci sarà condannata definitivamente a 26 anni, 18 dei quali passati in carcere. «In aula avevo chiesto l’ergastolo – spiega Nocerino – ma non sono rimasto deluso dalla condanna più lieve».
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