Omicidio di Cologne, la difesa propone piste alternative

Per la Procura della Repubblica, Cristiano Mossali il 29 agosto del 2022 ha ucciso Nexhat Rama e bruciato il suo cadavere. Per i difensori dell’imputato, invece, altre persone, due imprenditori franciacortini, avevano avuto in passato pesanti contrasti con la vittima tanto da arrivare prima «a pagargli 5mila euro al mese per tenerselo buono» e poi a contattare un gruppo di kosovari per «dirgli di fermarsi» dato che lui poco prima aveva chiarito: «Al prossimo incontro dovrai portarti il ferro (la pistola, ndr)».
Le testimonianze per la difesa
Nell’udienza del processo per l’omicidio del 40enne kosovaro ieri sono proseguite le testimonianze richieste dalla difesa del meccanico di 53 anni di Palazzolo che per quel delitto è in carcere dal settembre del 2022.
Gli avvocati Tomaso Spandrio e Stefano Forzani avrebbero voluto sentire proprio i due imprenditori, attivi nel settore delle costruzioni e dell’estrazione, per cui Rama aveva lavorato in passato e con i quali aveva avuto delle tensioni, ma entrambi risultano indagati in un altro procedimento connesso a quello che si sta celebrando davanti alla Corte d’Assise presieduta da Luca Tringali e hanno potuto avvalersi della facoltà di non rispondere.
La deposizione centrale
Centrale è stata dunque la deposizione di Valentin Kruja, albanese di 54 anni, che ha lavorato come autista e guardia del corpo per uno dei due e che ha avuto anche stretti rapporti con l’altro. È stato infatti lui il primo che ha cercato di mediare tra il 40enne kosovaro e il suo titolare fin dal 2019.
«Nexhat mi aveva chiamato la sera di Natale e mi aveva detto che non voleva fare male ad un compaesano e dovevo stare lontano dal mio titolare. Quando gli ho chiesto il motivo mi ha detto "tu non sai cosa ho fatto per loro"». Frequentando un bar di Adro «aveva sempre denaro per bere e giocare alle macchinette e mi ha detto che riceveva 5mila euro al mese. Il mio titolare lo aveva assunto per farlo uscire dagli arresti domiciliari come scambio con quello che gli aveva dato 5 milioni per aprire l’attività». La situazione si è fatta tesa «lui li pedinava e faceva scenate al bar. Ho detto loro che l’unico modo di farlo smettere era chiamare certa gente del suo Paese».
Per l’intervento dei kosovari si pattuiscono 60mila euro ma «ne abbiamo consegnati solo 20mila. Non si fa così e io poi non ho più avuto rapporti con loro, ho cambiato lavoro».
Le altre voci in sostegno
Nella stessa udienza sentito anche il luogotenente dei carabinieri Cosimo Fabrizio che nel 2019 aveva indagato sull’incendio doloso della villa gardesana di un altro imprenditore: «Rama Nexhat era uno degli esecutori materiali ma non siamo mai risaliti ai mandanti».
Una ulteriore prova dell’animosità degli imprenditori verso il 40enne kosovaro, secondo la difesa, sarebbe in una telefonata intercettata dai carabinieri tra uno di loro e una barista di Adro. La donna, il 2 settembre, tre giorni dopo i fatti, aveva visto sui giornali la notizia della identificazione del cadavere bruciato nell’auto in fiamme nelle campagne di Cologne come quello di Rama Nexhat e aveva chiesto all’amico se avesse visto la notizia. Alla risposta affermativa gli aveva domandato: «Ma sei contento?» e alla risposta di conferma aveva insistito: «Sei contento contento?». Quando alla donna è stato sottoposto il testo dell’intercettazione ha chiarito il senso delle sue parole: «Aveva creato tanta ansia all’imprenditore, eravamo contenti di essercelo tolto dai piedi».
Si torna in aula il 10 dicembre per le richieste della Procura.
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