Omicidio a Lamarmora: il 78enne che ha sparato resta grave in ospedale

Stazionario, grave, ma non in imminente pericolo di vita. Giuseppe Valetti, il 78enne che l’altro ieri ha trasformato il quadrante sud della città in un assurdo poligono di tiro, ha buone possibilità di cavarsela: di uscire dall’ospedale dov’è stato portato attorno alle 20 di sabato pochi minuti dopo aver esploso il colpo di pistola con il quale ha cercato di uccidersi, per entrare in carcere.
I medici sono riusciti a stabilizzarlo e a rendere più probabili non solo le sue prospettive di vita, ma anche quelle di un imminente confronto con la giustizia per la scia di sangue che ha versato nel pomeriggio di sabato tra via Codignole e via Corsica.
L’agguato mortale
Stando alla ricostruzione che in queste ore sono riusciti a definire il sostituto procuratore Francesco Carlo Milanesi, gli agenti della Squadra Volante e della Squadra Mobile della Questura, è stato proprio Valetti a firmarla. Poco dopo le 18 l’anziano si presenta in via Codignole, parcheggia la sua Panda non distante dalla pasticceria Garzoni e si dirige al civico 21. Suona il primo campanello in basso a sinistra, si fa riconoscere e aprire. Sul pianerottolo l’anziano, che non è sposato, non ha figli e vive a Rodengo, si ritrova a tu per tu con Satpal Singh: 54enne muratore di origini indiane, da tempo a Brescia e da qualche anno proprietario della casa dalla quale è da poco uscito per accoglierlo. La visita non è di piacere. Non c’è cortesia nelle parole dei due.
Valetti, che ha un passato da sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri, impugna la pistola che ha portato con sé, una Beretta 7.65, e preme il grilletto. Lo fa almeno due volte, da distanza ravvicinata. Un proiettile vaga impazzito per il pianerottolo. L’altro raggiunge il bersaglio. Colpisce Satpal al petto. Proprio al cuore. Valetti lascia il 54enne padre di due figli agonizzante sulle scale e se ne va. Sale in auto e la dirige verso ovest. Verso casa. Sul pianerottolo piombano la moglie e il primogenito di Singh. Parte la chiamata al 112. Al 21 di via Codignole in pochi secondi, richiamate dall’inconfondibile tonfo dei colpi di pistola, arrivano diverse persone.
I parenti di Satpal non vogliono attendere l’ambulanza. Caricano l’uomo sull’auto di famiglia e corrono verso la Poliambulanza. Durante il tragitto sono coinvolti in un incidente. Il destino del trasportato è comunque già segnato. Il battito di Singh se n’è già andato insieme all’enorme quantitativo di sangue perso. Una volta alla clinica di via Bissolati ai sanitari che lo prendono in consegna è subito chiaro che c’è ben poco da fare. Parte un inesorabile conto alla rovescia.
Il tentato suicidio
Attorno alle 18,50 una quarantina di minuti dopo il loro arrivo in via Codignole, i poliziotti vengono dirottati un chilometro e mezzo più in là, verso ovest. Per un altro sparo. In un appartamento di sua proprietà e nella sua disponibilità, ma che l’anziano non vive, gli agenti raccolgono da terra, in un lago di sangue, proprio Giuseppe Valetti. Vicino a lui c’è una Beretta: capiscono subito se la sia rivolta contro. Quello che in prima battuta non sanno è perché. L’ipotesi di una malefica coincidenza naufraga subito.
Tempo pochi minuti e scoprono che è proprio lui l’unico denominatore comune degli spari ravvicinati nel tempo e nelle spazio. Capiscono che Valetti, dopo aver sparato a Singh, abbia cercato di pareggiare il conto. L’anziano viene raccolto e portato alla Poliambulanza. Quando ci arriva la sua posizione si è terribilmente aggravata. Il 54enne muratore indiano infatti non ce l’ha fatta. Da chiarire resta il perché dell’omicidio?
«Non era la prima volta che Valetti ci minacciava - ci ha detto il figlio più giovane di Satpal Singh, di ritorno dall’ospedale con la notizia del decesso del padre -. Diceva che gli dovevamo dei soldi per un appartamento che aveva venduto a mio fratello. Ma noi non gli dovevamo proprio nulla».
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