Cronaca

‘Ndrangheta a Brescia, verso il rinvio a giudizio per il clan Tripodi

Chiesto il processo anche per suor Anna Donelli, per la quale il Riesame aveva però revocato l’ordinanza di custodia cautelare eseguita nel dicembre dello scorso anno
Il Palazzo di Giustizia di Brescia - © www.giornaledibrescia.it
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Per il tribunale del Riesame, che sul caso si è pronunciato due volte ed entrambe le volte a suo favore, a carico di suor Anna Donelli non ci sono gravi indizi di colpevolezza. Per i giudici, che hanno revocato l’ordinanza di custodia cautelare eseguita nel dicembre dello scorso anno e per la quale era rimasta ai domiciliari un mese, non si può sostenere che la religiosa, da decenni volontaria nelle carceri milanesi e in quelle bresciane, fornisse il suo contributo alla causa della cosca dei Tripodi.

A sostenere il contrario restano i magistrati della procura di Brescia che nei giorni scorsi hanno chiuso l’indagine nei confronti suoi, per concorso esterno in associazione mafiosa, e nei confronti di un’altra cinquantina di indagati. Secondo il pm Francesco Carlo Milanesi suor Anna ha svolto il ruolo di tramite fiduciario del clan Tripodi all’interno degli istituti penitenziari. In particolare, sfruttando il proprio status di religiosa, avrebbe veicolato all’interno degli istituti di pena comunicazioni riservate che arrivavano dall’esterno, trasmesso ordini, ma aiuti morali e materiali ai sodali reclusi. Per gli inquirenti la suora era consapevole del potere del clan e il clan poteva contare su di lei. Stando alle intercettazioni Stefano Tripodi, uno dei vertici dell’associazione, la considerava «dei nostri».

La ricostruzione dell’accusa

A quest’ultimo e a suo figlio Francesco la procura contesta a vario titolo non solo la promozione del sodalizio affiliato agli Alvaro di Sinopoli, ma anche estorsioni con metodo mafioso, usura, riciclaggio e autoriciclaggio, illeciti tributari, ricettazione di auto, detenzione e traffico di armi. Secondo l’accusa padre e figlio Tripodi, oltre a gestire una vera e propria articolazione della ’ndrangheta tra Flero e Castel Mella, e a mantenere contatti diretti con la cosca madre calabrese, avevano stretto rapporti con altre famiglie attive in Lombardia.

Per gli inquirenti i Tripodi agivano per il tramite anche di persone fidate che gestivano società cartiere e conti correnti utilizzati per le frodi fiscali. Al loro giro, stando all’indagine, avrebbero partecipato anche imprenditori, professionisti e amministratori locali: come Giovanni Acri e Mauro Galeazzi accusati di episodi di voto di scambio.

Notificato l’avviso di chiusura indagini a tutti gli indagati, i titolari dell’inchiesta per ora non hanno ancora depositato la richiesta di rinvio a giudizio. Lo faranno trascorso il tempo concesso alle persone raggiunte dalle indagini di depositare memorie o, nel caso, decidere di farsi interrogare. 

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