Moto, aste e amore: in 600 per aiutare Bryan ad affrontare la malattia

L’altra sera, all’oratorio di Orzivecchi, erano in seicento, figli e padri di ogni età, tutti amorevoli guardie del corpo e dell’anima di Bryan Lucherini, il preferito, il miglior lottatore contro i malanni della vita, dall’adolescenza resistente a una malattia neurodegenerativa che gli assalta muscoli, nervi, fibre e lui risponde con le cure degli specialisti e degli amici specialisti di parole terapeutiche.
E adesso che alle 20 fa scuro, arriva davanti alla porta grande dell’oratorio a bordo di una Harley Davidson, lui sul sidecar e gli amici che lo scortano con altre 12 Harley, come in una pellicola di sorprendente bontà; cioè di sorpresa perché quando arriva non si vede niente, tutto è scuro, canta il rombo dei motori e Bryan pensa, «ma qui cosa succede, dove mi avete portato?». Le Harley sono la sua passione. Scattano le luci grandi del campo di calcio e gli applausi alimentano i kilowatt di questo aggancio fraterno tra il paese.
Bryan
Dentro, nella grande sala dell’oratorio di Orzivecchi, sono sedute mezzo migliaio di anime belle, festeggiano Bryan, hanno sentito che c’è bisogno di nuovi fondi per garantire ogni cura e ogni assistenza al loro amico e così portano i doni, come un Natale anticipato. Dopodiché, viene composta una specie di asta e le mani si alzano al cielo tante quante sono le stelle in cielo di questa nottata. Parliamo con Marco Paiardi, tra i più vicini a Bryan e lui ci racconta la storia: «Siamo tutti dei cinquantenni e nell’età dell’adolescenza Bryan non sta bene, la diagnosi diventa impegnativa e noi stiamo all’erta, uno per tutti e tutti per uno...».
Bryan Lucherini non chiede niente, è riservato, figlio di quell’orgoglio che non è altro che rispetto di sé e del tempo degli altri. Tutto viene da solo, vengono cuciti gli interessi condivisi, quell’Inter là da raggiungere a San Siro, i film di azione, la conoscenza delle Harley, il ripasso delle cento stagioni passate insieme, tutto compreso. Intanto, durante l’anno, ci racconta sempre Marco, gli amici si vestono con parrucche di brillante suggestione, verdi, rosse e bianche e all’improvviso entrano nei ristoranti del paese e dei paesi della zona, chiedono un poco d’attenzione, imbandiscono aste improvvisate, i clienti rispondono alla grande, si commuovono e sganciano.
La «sorella» di Bryan
A pochi chilometri, a Pompiano, vive Paola Zamboni della cooperativa Il Gabbiano, lei è l’assistente «sorella» di Bryan e spera come tutti di possedere alcune ore di più per rinforzargli la guardia: «Per me – dice – Bryan è come un fratello e ogni volta che registro che il mio aiuto si concretizza in qualcosa di positivo io sto meglio, il mio aiuto mi torna indietro e mi dona serenità e sollievo...».
Lei ha molta esperienza anche di genitore, ha tre figli e una madre da accudire; l’energia le deriva da quella spinta dell’aiuto che crea forze e gioie. Tutto insieme, il cerchio magico di Bryan si trova a Madrid, a Parigi, ad una mostra, ad una festa. Questa, di festa all’oratorio, l’hanno chiamata «October Bry», per dire di un mese, cioè di una vita vicino a lui.
Anche note positive
E lui ora deve indossare un caschetto in casa per evitare danni alle cadute, è costretto a guardare il cielo – saprà vedere cose che noi non vediamo – e la terra gli è preclusa. Diciamo della terra del cemento e dell’asfalto. Ma la terra dei giusti e delle brave persone no, quelle circolano anzi gli orbitano come migliaia di pianeti nuovi intorno e fabbricano vita per tutti. Tutto vero, alle nostre ore non esistono soltanto baby gang e tragicommedie alla Garlasco, guerre e pagliacciate di milioni di euro a spot pubblicitario, ci sono anche questi Bryan e questi paesi che cantano a lungo pause lunghe di amore e di conciliazione. È poco?
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