Morì per infezione ospedaliera, 750mila euro di risarcimento

Il 75enne era entrato in ortopedia per una frattura al femore. Il Civile di Brescia condannato a versare la somma alla moglie, al figlio e alle due nipoti
Morto durante il ricovero: maxi risarcimento dal Civile
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Il paziente muore per un’infezione ospedaliera. Il Tribunale condanna l’ospedale Civile a versare alla moglie, al figlio e alle sue nipoti 750mila euro a titolo di risarcimento danni.

La sentenza, a firma del giudice Giovanna Faraone, risale allo scorso 22 aprile e chiude il primo atto della causa intentata dai parenti di un 75enne entrato in ortopedia per una frattura al femore nel dicembre di sei anni fa e deceduto due mesi dopo per una sepsi. «È indubbio – si legge nelle motivazioni del provvedimento della prima sezione civile – che al momento del ricovero, benché presentasse una storia sanitaria complessa, il paziente non versasse in condizioni di alterazione fisica e che la contrazione dell’infezione sia insorta durante la degenza ospedaliera».

La perizia

A dirlo sono i periti incaricati dal Tribunale per i quali «in conseguenza dell’intervento chirurgico, il paziente ha contratto una polmonite da Mrsa (infezione batteria da Stafilococco resistente ala meticillina), giudicabile come nosocomiale per tempistiche, caratteristiche e tipologia, alla quale hanno fatto poi seguito un arresto cardiorespiratorio, che ha richiesto il ricovero dell’anziano in Rianimazione, e un progressivo scadimento delle condizioni cliniche» dal quale il 75enne non si è mai ripreso.

Per il Tribunale sono dunque provati «sia la condotta illecita dei sanitari, che – per il giudice – hanno omessa l’adozione delle misure idonee a garantire la sterilità degli ambienti e delle attrezzature ospedaliere, che l’evento lesivo: il decesso da infezione nosocomiale».

Per il giudice Faraone provato anche il nesso causale. «È evidente, con elevato grado di probabilità, come l’arresto respiratorio che portò il paziente al decesso, non si sarebbe verificato se non fosse insorta in corso di ricovero l’infezione nosocomiale nel paziente che, benché “fragile”, tuttavia – si legge nella sentenza – non presentava rilevanti acuzie o compromissioni patologiche». Secondo il Tribunale inoltre «può ritenersi più che probabile che la morte dell’anziano sia imputabile alla responsabilità della struttura sanitaria sotto forma di omissioni degli operatori o di carenze sue proprie, autonome dall’operato dei sanitari».

Per il giudice Giovanna Faraone l’ospedale Civile non ha provato, e non ha pertanto assolto all’onere della prova che incombe in casi come questi sul convenuto, di «aver adottato tutte le cautele prescritte per prevenire l’insorgenza di patologie infettive; di aver applicato i protocolli di prevenzione delle infezioni del caso specifico, che il direttore sanitario avesse adottato regole cautelari e misure idonee a sorvegliare il rispetto delle indicazioni fornite». Di qui la condanna dell’Azienda ospedaliera a risarcire 300mila euro alla moglie del 75enne, 250mila al figlio e 100mila a ciascuna delle sue due nipoti.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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