Roberta Valentini (Penelope): «Fui la prima cliente di Armani»

Galeotto fu il tailleur. E il fatto che fosse sconosciuto. «Fui la sua prima cliente», dice Roberta Valentini, per tutti Penelope come il negozio in via Gramsci da lei fondato e diretto. La buyer bresciana – è una delle più note del mondo della moda – non solo conosceva Giorgio Armani, ma è stata anche tra le primissime persone a puntare su di lui. Quando le telefoniamo, non ha ancora saputo la notizia della morte dello stilista 91enne: «Quando ha nominato Armani pensavo mi chiamasse per avere qualche gossip estivo su di lui, d’altra parte entrambi abbiamo sempre fatto le vacanze a Pantelleria e capitava d’incontrarsi. Non me l’aspettavo proprio». Il ricordo più importante che ha non è però sotto il sole dell’isola, ma dentro l’hangar della prima fiera milanese a cui partecipò Giorgio Armani dopo la fondazione dell’azienda. Quando presentò la prima collezione - nella primavera/estate 1976 - Roberta Valentini c’era e dopo aver visto il primo tailleur decise che doveva proporlo alle sue clienti di Brescia.
Roberta, cosa ci racconta di Giorgio Armani?
Sono io ad aver fatto il suo primo ordine. Sono passati tanti anni, ma posso dirlo: sono stata una delle primissime a decidere di portare Giorgio Armani nei negozi. Era l’anno in cui sfilò a Milano per la prima volta ed era pressoché sconosciuto. Io cercavo un designer che si occupasse di moda maschile declinata al femminile. Quando vidi le creazioni capii che erano ideali. Come posai gli occhi sulla collezione – era una primissima sfilatina – ho capito che aveva potenziale. Io sono quella delle avanguardie. Mi piace scoprire e lanciare i nomi. I suoi tailleur dal taglio maschile erano pazzeschi. Fui felice di aver portato quella collezione come debutto in negozio.
Ad attirarla quindi furono i tagli dei tailleur?
Sì. Mi ha attirato la sua versione di donna maschile. Quando ne sentii parlare, prima di quella collezione, mi venne subito il sospetto che facesse una moda di mio gusto. La linea lo confermò: era quanto io cercavo in quegli anni.
Come la accolse la sua clientela?
Bene. Io ero interprete dei desideri e la sua moda rappresentava qualcosa che mi mancava. A Brescia ha avuto successo, un successo che ha anticipato quello internazionale. L’ho tenuto per circa sei anni.

Dagli anni Ottanta lei ha puntato, come buyer e per i suoi negozi, sui giapponesi e su uno stile abbastanza diverso, di ricerca…
In realtà i giapponesi li presi in contemporanea. Ho sempre messo insieme più idee, prodotti, stilisti, situazioni. Con Armani non c’entravano nulla, ma li portai sugli scaffali nello stesso periodo e ancora oggi continuo a vendere molti di quei nomi, non solo giapponesi, da Yohji Yamamoto a Dries Van Noten, da Comme des Garçons a Rick Owens. Armani negli anni è diventato scicchissimo, importante, un esempio di italianità estrema. Sono contenta di avere venduto le sue collezioni, anche se dopo qualche anno ci siamo salutati, dato che la sua linea non era più adatta al mio negozio.
In archivio ha ancora quei tailleur?
Purtroppo no. Sono passati tantissimi anni. Non mi aspettavo proprio la sua scomparsa e mi spiace molto, anche se aveva la sua età. Ci conoscevamo e quando mi vedeva mi salutava, «la Penelope!». Era molto discreto. Sono lusingata di essere stata la sua prima cliente.
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