Indottrinava giovani alla jihad, come agiva il 37enne arrestato

Khalil Ullah, nato in Bangladesh ma residente a Castel Goffredo, si trova ai domiciliari: si definiva «amante di Al Qaeda» e «guerriero di Dio»
La moschea di Castel Goffredo - © www.giornaledibrescia.it
La moschea di Castel Goffredo - © www.giornaledibrescia.it
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Indottrinava giovani alla jihad come un maestro con i suoi allievi, fornendo libri, video e riferimenti ideologici ai testi di Al Qaeda e dello Stato Islamico. Per questo Khalil Ullah, 37enne cittadino del Bangladesh, residente a Castel Goffredo nella provincia di Mantova, in Italia da tempo e con un lavoro stabile, è stato arrestato e si trova ai domiciliari con l’accusa di arruolamento con finalità di terrorismo internazionale.

Figura di riferimento

Secondo gli investigatori, il 37enne che arrivava a definirsi «amante di Al Qaeda» e «guerriero di Dio» non era un semplice simpatizzante del radicalismo islamico, ma una figura di riferimento capace di guadagnarsi la fiducia di ragazzi considerati fragili e trasformarli in discepoli.

«Approfittando del suo ruolo carismatico di guida, all’interno della comunità Tabligh mantovana avvicinava sistematicamente giovani e giovanissimi, già inclini a farsi sedurre dal messaggio della jihad e/o particolarmente immaturi per instillare dogmi, dettami, regole e precetti che spingevano i ragazzi ad azioni violente, ai danni di una serie indeterminata di civili colpevoli solo di non professare la loro fede» scrive il gip Angela Corvi nell’ordinanza di custodia cautelare. Il giudice ha riconosciuto la gravità delle condotte, ma considerata l’incensuratezza dell’indagato ha rigettato la custodia cautelare in carcere richiesta dalla Procura e disposto i domiciliari ristretti.

Reclutava jihadisti, l'arresto del 37enne mantovano

L’indottrinamento

Il nome del 37enne era già emerso nell’ambito di un’altra inchiesta condotta a Genova, che aveva portato alla condanna definitiva di Faysal Rahman, un giovane che si era legato al gruppo terroristico pakistano Tehrik-e-Taliban (TTP), ritenuto una costola di Al Qaeda. Proprio quel ragazzo, spiegano fonti investigative, sarebbe stato plasmato dal 37enne oggi arrestato. La sua attività di predicazione e indottrinamento si svolgeva in gran parte nella moschea di Castel Goffredo, che fa riferimento alla comunità bengalese attiva tra Mantova e la provincia di Brescia. Attraverso messaggi e scambi di materiali, l’uomo lo avrebbe progressivamente convinto a studiare testi considerati punto di riferimento dell’estremismo jihadista, come quelli dell’egiziano Sayyid Qutb, ideologo del radicalismo islamico.

Dallo smartphone

Dall’analisi forense del suo smartphone – «pur non essendo venuti alla luce contatti veri con esponenti di gruppi terroristici» fa presente il gip in ordinanza – sono emersi video di addestramento militare: esercitazioni con armi lunghe e corte, tecniche di copertura tattica, materiali che lasciano intuire un interesse concreto per la preparazione al combattimento. L’attività di indottrinamento non si limitava al giovane genovese: il 37enne Khalil Ullah proponeva la sua «guida religiosa» anche ad altri, offrendo libri e consigli spirituali con l’obiettivo di legare la fede alla lotta armata, fino al martirio.

Secondo la ricostruzione degli inquirenti, il suo metodo era quello di avvicinare i ragazzi con delicatezza, mostrando interesse per le loro storie personali e religiose, per poi condurli gradualmente verso una visione radicale in cui la jihad non era solo un concetto spirituale, ma una pratica da tradurre in azione.

Le perquisizioni

L’operazione di oggi, eseguita all’alba dagli uomini della Digos di Brescia e di Genova con il supporto delle questure di Mantova e Venezia, ha portato anche a perquisizioni nei confronti di altri soggetti ritenuti in contatto con l’indagato. Il quadro emerso conferma, secondo la Procura, il pericolo rappresentato da figure in grado di fare da catalizzatori ideologici. Non si tratta di combattenti in prima linea, ma di «maestri» che dall’interno del tessuto sociale italiano costruiscono consenso e diffondono dottrina estremista.

Il 37enne dovrà ora rispondere dell’accusa di arruolamento con finalità di terrorismo. Le indagini proseguono per chiarire l’ampiezza della rete di rapporti coltivata dall’uomo e per verificare se altri giovani possano essere stati coinvolti nel suo percorso di proselitismo. «L’operazione antiterrorismo di oggi – commenta il questore di Brescia Paolo Sartori – sta a confermare la complessa e sistematica attività della Digos bresciana, in stretto collegamento con la Procura della Repubblica, finalizzata ad evitare che sul nostro territorio possano consolidarsi presenze collegate al radicalismo di matrice eversiva transnazionale».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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