Los Angeles nella morsa di fuoco e fumo: l’ansia dei bresciani che l’hanno nel cuore

L'inferno a Los Angeles tiene col fiato sospeso anche molti bresciani. Quelli che vivono nella città degli angeli, quanti vi hanno trascorso degli anni e ancora chi là ha i propri affetti. Vi proponiamo le testimonianze di quattro di loro, proprio mentre dalla California giungono pessime notizie.
«È doloroso vedere la città così. Inizio ad avere paura»

«Comincio ad avere paura, vedo che la situazione è fuori controllo e, se succede, è un disastro per tutti»: a dirlo è Silvia Nittoli di Boario, da 10 anni di casa nella «città degli angeli». La giornalista free lance è da pochi giorni tornata negli Usa, dopo essere stata in Valcamonica dalla sua famiglia per Natale, e ha trovato l’inferno: «Io abito nel quartiere di Downtown - racconta - e anche qui viviamo in allerta: come consigliano ho la valigia pronta con i documenti e tutto il necessario per stare fuori casa qualche giorno e mi è già capitato di usarla perché venerdì l’aria era irrespirabile e sono dovuta andare da alcuni amici ad Orange County, a sud di LA».
E continua: «Non ho ancora elaborato lo choc, sono bruciati luoghi che amavo. È molto doloroso e per me, da giornalista, poi, è difficile raccontare tutto questo, cerco di restare lucida, ma non è facile». Gli incendi non sono una novità per la città («Una mia amica ha perso la casa due mesi fa» dice), ma la situazione è stata aggravata dal fatto che, non piovendo da maggio, la vegetazione è in secca ed è facile preda delle fiamme che hanno scavalcato le trincee tagliafuoco: «Questa - racconta - è una città poco preparata ad affrontare le emergenze: c’è sempre stato un clima mite - continua -, ma negli ultimi due anni le temperature si sono fatte più torride e umide in estate e, nel gennaio scorso, ad esempio, è caduta molta pioggia». Insomma, il clima è cambiato anche lì. Silvia è sicura che Los Angeles si risolleverà in fretta.
«Temo per i miei genitori: hanno già i bagagli pronti»

«Per una manciata di giorni non ho visto le fiamme...». Robert Zweier, chiropratico di Brescia, è rientrato da Los Angeles il 4 gennaio. Là, a due passi dall’inferno, ci sono i suoi anziani genitori e la sorella. «Mamma e papà sono ancora nella loro casa, a circa venti minuti dai roghi più importanti. Io gli dico di andare a Santa Barbara. Loro hanno i bagagli pronti, ma non vogliono lasciare l’abitazione. Hanno 90 anni. Sono legatissimi alla loro casa. Ho l’impressione che si sposteranno solo se e quando sarà la polizia a dare l’allarme. Intanto continuano a ripetere di non aver mai visto una cosa del genere in tutta la loro vita». La sorella, insegnante in una scuola elementare (chiusa per ciò che sta accadendo), vive a West Hills, non lontano da Malibù: «Ha dovuto andarsene da lì - racconta - . Si è trasferita nella sua seconda casa, in una zona più tranquilla, verso Santa Barbara». Vedere in tivù e in rete le immagini della devastazione fa molto male: «Penso al fatto che ci vorrà tantissimo tempo per sistemare le cose e consentire alla città di riprendersi da questi incendi». In California Zweier è nato: «Allora era diverso. Ogni tanto pioveva, cosa che adesso non accade più: non scende una goccia da giugno». In Italia è arrivato alla fine degli anni Novanta.
«Malibù è bellissima, meravigliosa - racconta -, ma non comprerei mai una casa lì. Sarebbe troppo rischioso. È troppo soggetta alle catastrofi». Zweier ora è a Brescia, ma il suo pensiero è in California, dai suoi anziani genitori.
«Nel 1993 vidi le fiamme a 500 metri da casa»

C’era quando Los Angeles è andata in fiamme nel ’93. C’era quando la terra ha tremato nel ’94. La California è la seconda casa di Sergio Pecorelli, già rettore dell’Università Statale di Brescia, che in questi giorni, in Italia, sta seguendo con attenzione le notizie da Oltreoceano: «Disastri inenarrabili, case distrutte, danni al territorio, 16 morti. Pochi - riflette - rispetto alla dimensione del fenomeno».
Negli anni Novanta il professor Pecorelli aveva una casa a Newport Beach, nella contea di Orange, e lavorava all’Università della California. «Quando scoppiò l’incendio del ’93 era primavera. Le fiamme arrivarono a 500 metri dalla nostra abitazione. Avevamo paura. Ricordo che il campus universitario venne fatto evacuare. I ricercatori scappavano portandosi via i pesanti hardware dei computer che contenevano il loro lavoro. Noi ospitammo due ricercatori giapponesi». Il 17 gennaio dell’anno seguente un forte terremoto con epicentro nei pressi di Northridge sconvolse la California: «Ero lì anche quel giorno - racconta -, ci fu un movimento sussultorio e ondulatorio. Durò 52 secondi. Il televisore cadde e scoppiò. Anche tutti i libri finirono sul pavimento. La casa fortunatamente rimase in piedi: da quelle parti le costruzioni sono in legno, antisismiche». Ora la sua abitazione si trova sulla costa, a San Clemente, 60 miglia a sud di Los Angeles. «Gli amici mi raccontano la devastazione. Quando vedi il fuoco vicino a te non te lo dimentichi per tutta la vita».
«Rasi al suolo i boschi in cui andavo a correre»

«I boschi in cui andavo a correre tre volte la settimana sono stati tra i primi ad essere rasi al suolo dalle fiamme. È tutta cenere anche il paesaggio che avevo immortalato dalla cima del Runyon Canyon Park. Come non è rimasto nulla di questa parte delle Hollywood Hills». Il giovane attore e produttore Giorgio Rossini dalla sua casa di Lumezzane sfoglia con il cuore pieno di dolore le foto di una città che non c’è più.
«L’ultima volta ci sono stato in ottobre - racconta -. A Hollywood ho studiato (all’American Academy of Dramatic Arts) e lavorato (agli Universal Studios) dal 2022 al 2023. Vivevo a 15 minuti a piedi a piedi dalle Hollywood Hills, in un quartiere che non ha subìto danni». Dalla Valgobbia, dove si trova da novembre, Giorgio è in costante contatto con gli amici che abitano ancora a Los Angeles: «Sono preoccupati per gli incendi che non si riescono a domare e per la qualità dell’aria che respirano. Le mascherine con filtro costano anche 10 dollari ciascuna. La città rimasta indenne cerca di tornare alla normalità, ma con titubanza: gli Universal Studios, chiusi un paio di giorni, hanno riaperto tra le polemiche. Si percepisce uno stato di allerta: tutti temono che da un momento all’altro arrivi sul cellulare un messaggio di evacuazione come quello inviato per errore a 10 milioni di residenti. Circa le cause dell’accaduto parlano di siccità, caldo e venti fortissimi. Ci sono anche ipotesi di dolo». A Los Angeles Giorgio ha lasciato il cuore: «Dovrei tornarci, per una visita, quest’anno».
Meteo infausto
La fine dei devastanti roghi che assediano la megalopoli è ancora lontana. I venti di Santa Ana, che avevano concesso una breve tregua, si sono rafforzati e soffieranno con violenza almeno fino a mercoledì, mentre il numero dei morti e degli edifici distrutti dagli incendi continua ad aumentare. Le autorità hanno avvertito che la «minaccia è ancora alta. I venti si intensificheranno nei prossimi giorni e condizioni meteo critiche continueranno fino a mercoledì», ha dichiarato il capo dei vigili del fuoco, Anthony Marrone. Sono oltre 153.000 i cittadini che hanno ricevuto l’ordine di evacuazione ma i numeri vengono aggiornati ogni ora, come quello delle vittime: 16 finora quelle accertate.
I roghi
Il fronte di fuoco più preoccupante è l'incendio di Palisades, «un mostro a più teste con possibilità di crescita in diverse direzioni» vista la folta vegetazione dell'area, ha spiegato il portavoce dei pompieri David Ortiz. Questo rogo al momento è contenuto soltanto all’11%. Poi c’è il secondo più grande, l’Eaton fire nel nord della città intorno a Pasadena, contenuto al 15%; l’incendio di Kenneth al 90% e quello di Hurst al 79%. Oltre ai rinforzi via aerea, a Los Angeles è arrivato un team di mille pompieri dal Messico, ricevuti dal governatore Newsom all'aeroporto, mentre Kim Kardashian perora la causa dei detenuti-vigili del fuoco presi dalle carceri e portati a combattere contro le fiamme per un dollaro l’ora. «Ci sono centinaia di loro che rischiano la vita per salvarci e non sono pagati quasi nulla. Alcuni sono morti per dimostrare alla comunità che sono cambiati. Sono degli eroi», ha scritto la star.
Oltre all’emergenza stringente delle fiamme e dei fumi tossici - alla popolazione è stato raccomandato di uscire il meno possibile e di indossare mascherine anche all’interno - c’è poi la piaga dei saccheggi delle case evacuate, con la residenza della vice presidente Kamala Harris a Brentwood presa di mira da due balordi poi arrestati. Senza contare i problemi più a lungo termine come quello dei danni - oltre 150 miliardi - e delle assicurazioni che prevedono perdite di circa 20 miliardi di dollari, secondo le previsioni di Jp Morgan.
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