Lady Gucci, 6 anni alla compagna di cella: la raggirò per l’eredità

La Redazione Web
La donna è incolpata di circonvenzione d’incapace e peculato nei confronti di Patrizia Reggiani, mandante dell’omicidio di Maurizio Gucci
Patrizia Reggiani - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
Patrizia Reggiani - Foto Ansa © www.giornaledibrescia.it
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Era stata compagna di cella, poi assistente e amica fidata di Patrizia Reggiani. Ora Loredana Canò, 59 anni, è stata condannata a 6 anni e 4 mesi di carcere per circonvenzione di incapace e peculato, nel processo con al centro la gestione dell'eredità milionaria lasciata a lady Gucci dalla madre Silvana Barbieri.

I giudici della settima sezione penale del Tribunale di Milano hanno quindi accolto la ricostruzione della Procura, secondo cui l'amica avrebbe approfittato delle condizioni di fragilità psichica di Reggiani con l'obiettivo di mettere le mani sui suoi beni, infliggendole peraltro una pena più alta rispetto a quella proposta.

Le condanne

Condanna pesante anche per Marco Chiesa, all'epoca consulente finanziario della signora Barbieri: cinque anni e otto mesi di carcere. Secondo quanto stabilito dal Tribunale, i due dovranno anche versare 50mila euro in solido alle figlie di Reggiani, Alessandra e Allegra, mentre la sola Canò ulteriori 75mila euro di provvisionale a Lady Gucci.

I commercialisti Mario Wiel Marin e Marco Moroni sono invece stati assolti dall'accusa di corruzione «perché il fatto non sussiste». «Una buona pagina di giustizia», ha commentato il loro legale Giuseppe Fornari. «Siamo molto soddisfatti: il Tribunale è stato equilibrato».

Il filone dell’inchiesta

La sentenza di oggi chiude il filone principale dell'inchiesta milanese sull'eredità di Lady Gucci, condannata a suo tempo a 26 anni per l'omicidio del marito ucciso nel 1995 a colpi di pistola in uno stabile in via Palestro.

Negli scorsi mesi erano già arrivati l'assoluzione nel processo con rito abbreviato del legale Maurizio Giani, il proscioglimento di Marco Riva e il patteggiamento a due anni dell'avvocato e amministratore di sostegno Daniele Pizzi.

La vicenda

Secondo la procura, Loredana Canò avrebbe convinto Reggiani «a fare la guerra alle figlie». Lo ha fatto installandosi, di fatto, a casa sua e gestendo di fatto tutti i suoi rapporti con l'esterno e inducendola a far subentrare come suo amministratore di sostegno l'avvocato Pizzi.

Secondo l'accusa, l’obiettivo era chiaro: mettere sotto controllo la donna, già indebolita dalla «sindrome post frontale» da cui è affetta in conseguenza a un tumore al cervello asportato nel '92, e gestire a proprio vantaggio l'intero patrimonio. «Una vicenda che nel giro di pochi anni è riuscita ad assumere fattezze predatorie – aveva detto la procuratrice aggiunta Tiziana Siciliano nella sua requisitoria –, con un comportamento che individua una preda debole e via via assume sempre più i connotati sempre più della mancanza di limiti e di quel minimo di ritrosia che in fondo la persona anziana e fragile avrebbe potuto anche umanamente far percepire». Canò e Chiesa, in sostanza, avrebbero «fatto di una poverina fragile e malata la preda destinata di appetiti insaziabili».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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