La tassa di soggiorno non convince: «Meglio la city tax»
Dieci euro a notte negli hotel più lussuosi, pronti a diventare 12 in occasione del Giubileo. La Capitale detiene il record per l’imposta di soggiorno più cara in Italia. È davanti a comuni come Firenze (8 euro), Milano (5) e Venezia (5), anche se in laguna oltre alla tassa esiste però un ticket di 5 euro per i visitatori giornalieri. Nel Bresciano, sebbene si stia cercando di portare ordine, la situazione è un po’ a macchia di leopardo: gli importi sono inferiori, ma non per questo mancano malumori e proteste per quello che dal turista è visto spesso come un fastidioso balzello e che anche gli albergatori vorrebbero sostituire con una «city tax».
In città
Nel capoluogo la tassa di soggiorno è applicata dal 1° aprile 2019 ed è rivolta ai turisti non residenti che pernottano nelle strutture ricettive del comune. Le tariffe variano a seconda della categoria della struttura e sono state recentemente aggiornate. Dal 1° luglio 2024, ad esempio, per gli alberghi a 5 stelle l’imposta è di 3,50 euro a persona per notte, mentre per quelli a 4 stelle è di 3 euro. La tassa non si applica a minori di 18 anni, pazienti che soggiornano per cure mediche e altre categorie specifiche.
La protesta
Si applica però alle strutture extralberghiere per affitti brevi. «Ci equiparano addirittura agli hotel a 5 stelle, ma noi non offriamo certo quel tipo di servizio – tuona un gestore di Airbnb, che proprio non ha mandato giù il rincaro –. Abbiamo proposto alla Loggia un riadeguamento, ma la risposta è stata picche. È assurdo, tanto più se si pensa che in località a spiccata vocazione turistica sul lago si paga di meno. Sembra che ci sia una volontà di penalizzarci: la tassa è passata da 1 euro a 3,50 euro tutto d’un colpo». Tra l’altro esiste la concorrenza sleale: «Ci sono strutture non registrate, che rappresentano una sfida, poiché sfuggono alla tassa», aggiunge.
Migliorare i servizi
L’introduzione e l’aumento della tassa, però, dicono i sostenitori, hanno lo scopo di generare entrate per migliorare i servizi turistici, promuovere eventi culturali e sostenere il patrimonio locale. Brescia, ad esempio, ha utilizzato parte dei fondi per la promozione di Capitale italiana della cultura, attirando maggiore attenzione turistica. L’imposta di soggiorno, quindi, può essere uno strumento utile per lo sviluppo del turismo locale e il miglioramento dei servizi.
La proposta
Gli albergatori tuttavia si lamentano: la gestione amministrativa della tassa rappresenta un onere economico e operativo. I costi di gestione includono software, personale e commissioni per i pagamenti, e rendono la tassa un peso soprattutto per le strutture di medie e piccole dimensioni. «È ingiusto poi – sottolinea Alessandro Fantini di Federalberghi – che a rimetterci siano solo i clienti delle strutture ricettive. Io credo che sarebbe molto più utile ed equa una "city tax": tutte le attività interessate dal turismo, quindi per esempio anche i negozi, dovrebbero farsi carico di pagarla versando una piccola percentuale».
Da Roma
A livello nazionale però al momento questa proposta non è all’ordine del giorno. «Credo – si è limitata a dire in un recente intervento milanese la ministra del Turismo Daniela Santanchè – che bisogna fare la revisione della tassa soggiorno. I Comuni che la applicano sono poco meno di 1.000 su 8.000 circa. Siccome noi sappiamo che l’Italia oggi è tutta turistica dobbiamo dare la possibilità ai sindaci di poterla applicare. Poi un altro elemento è quello della proporzionalità. Nessuno di noi vuole criminalizzare la ricchezza o mettere ostacoli al turismo di lusso fondamentale per la nostra nazione», ma «se una persona va in una suite e spende 1.500 euro al giorno è logico che possa spendere un po’ di più». Sul tema, ha concluso, «dialoghiamo con Anci e associazioni categoria e siamo a buon punto».
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