«La chiusura del bar fu un atto illegittimo»: ora il Ministero è costretto a risarcire

Il Tar riconosce il danno economico e quello di immagine. Alla titolare del locale di Montichiari saranno versati 4500 euro
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La chiusura del bar già riconosciuta «illegittima» da una sentenza diventata definitiva ha creato un danno economico e di immagine alla titolare del locale. Per questo il Tar di Brescia ha condannato il Ministero degli Interni a risarcire la proprietaria del Bar Italia di Montichiari. Alla quale devono andare 4500 euro.

Il caso

Si tratta dell’ultimo capitolo di una vicenda nata nel giugno del 2019 quando il questore sospende per 15 giorni la licenza al bar della Bassa in base alle indicazioni della Polizia locale di Montichiari che aveva arrestato per droga un presunto frequentatore del locale.

«L’attività di spaccio avvenuta nei locali e/o nelle vicinanze del bar in questione parrebbe però essere cessata per effetto dell’arresto dello spacciatore il 3 gennaio 2019, tant’è che anche l’informativa della Polizia locale fa riferimento a un’attività rilevata tra il 2016 e il 2018, ma non contiene alcun accenno a successive situazioni» scrisse il Tar di Brescia nel suo provvedimento. E ancora: «In nessuno degli atti depositati vi è alcun riferimento al fatto che una situazione di pericolo pubblico sia stata rilevata dopo l’arresto dello spacciatore. Non è stata delineata dunque alcuna situazione che rendesse necessario un intervento in chiave preventiva della possibilità di continuazione o ripresa di attività ingeneranti allarme sociale». Peccato che chiedendo la chiusura al questore, la Polizia locale di Montichiari aveva messo nero su bianco che il Bar Italia aveva creato «seri problemi di legalità nel contesto ambientale in cui insiste l’esercizio per la perdurante presenza nei locali e nelle pertinenze di soggetti legati al contesto criminale degli stupefacenti e della tossicodipendenza». Il Tar diede però ragione alla titolare del bar monteclarense che riuscì a dimostrare che «nessun arresto è stato effettuato nel locale, né alcuno degli arrestati gravitanti nell’area circostante era un avventore abituale dello stesso». E così la sospensione della licenza venne annullata e l’atto di chiusura firmato dal Questore definito «illegittimo».

Il risarcimento

La proprietaria del Bar Italia però non si è fermata e, forte del pronunciamento del Tar nel frattempo diventato definitivo, è tornata davanti ai magistrati di via Zima. Per chiedere il riconoscimento del danno patrimoniale, «consistente nei mancati incassi dei 15 giorni di chiusura forzata», e quello di immagine, «conseguente all'apposizione dei sigilli sulla vetrina del bar e al risalto negativo della vicenda ad opera della stampa locale». La questura di Brescia e il Ministero dell’Interno si erano opposti al ricorso, ma l’Amministrazione pubblica ha dovuto incassare un’altra sconfitta. «Il ricorso è fondato e merita accoglimento» ha scritto il collegio composto dal presidente Bernardo Massari, dal consigliere Mauro Pedron e dall’estensore della sentenza Luigi Rossetti. «Il periodo di sospensione della licenza, per effetto dell’illegittimo provvedimento, ha provocato un indubbio pregiudizio alla sfera giuridica della ricorrente, obbligata alla chiusura dell’esercizio commerciale per quindici giorni» è stato stabilito dal Tar. Che ha poi quantificato il danno subito dalla proprietaria del bar Italia di Montichiari.

Il calcolo

«Quanto al danno patrimoniale - si legge in sentenza- il Collegio ritiene che la richiesta sia fondata. Tuttavia, la quantificazione, diversamente da quanto sostenuto da parte ricorrente, non può avere a riferimento la media matematica dei corrispettivi settimanali incassati dall'azienda individuale nel corso degli anni compresi tra il 2016 ed il 2019. La richiesta coincide, sostanzialmente, con il fatturato medio settimanale». Da qui la decisione di fissare il risarcimento a quota 3mila euro. «Ponendo a base l’importo costituente la media degli introiti documentati da parte ricorrente ed incassati nell’arco temporale 2016 - 2019, pari ad il Collegio ritiene che a tale quantificazione possa essere applicata un’aliquota arrotondata e sostanzialmente corrispondente al rapporto tra Pil e gettito fiscale, notoriamente pari, grosso modo, al 42%». Ovvero 3mila euro appunto. Ai quali vanno aggiunti 1500 di danno di immagine riconosciuto «per il provvedimento di chiusura e il risalto dato alla notizia dalla stampa che ha creato un pregiudizio alla reputazione dell’esercizio commerciale, causando una lesione ingiusta ad una situazione giuridica meritevole di tutela per l’ordinamento».  

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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