Da Iscla di Monno verso le vette: i ponti ciclabili che uniscono le Valli

Due ponti ciclabili, uno sulla statale 42 e uno sul fiume Oglio, che permettono di collegare la ciclovia Tonale-Po (che attraversa l’intera Vallecamonica) alla Valtellina e all’Aprica e, prima ancora, al percorso della Carolingia, al Mortirolo e alle frazioni montane di Edolo. È quasi pronto il progetto che ha visto la Comunità montana investire parecchie risorse per costruire, a Iscla di Monno, due infrastrutture che si distaccano dalla ciclabile camuna a Iscla, passano sopra la strada e l’Oglio e si portano sull’altro versante, quello sinistro, della Valle.
I percorsi
Da qui «si apre un mondo» sulle due ruote. Perché l’attraversamento in sicurezza permetterà di salire verso Monno e il Mortirolo, uno dei passi alpini più mitici. In parallelo, dalla chiesa di San Brizio, svoltando a sinistra, si potrà proseguire in piano su un traverso, arrivando alle vecchie contrade di Edolo, collegando la ciclovia con questo pezzo di vallata al solivo, finora non servito, e aprendosi a una ciclabilità verso il passo dell’Aprica. Un itinerario che la Lombardia, da tempo, dice di voler sviluppare ulteriormente verso Tirano e poi ancora su, fino alla Svizzera.
Altro tratto interessante sarà la congiunzione della Ciclovia con la vecchia strada Carolingia, con l’ultimo spezzone ancora da realizzare: su questo tracciato sta lavorando l’Unione dei Comuni dell’alta Vallecamonica, per unire la Carolingia e Monno, in mono da creare un anello ciclabile in zona, ma anche un passaggio pedonale verso Edolo.
Le criticità
«Stiamo risolvendo alcune criticità emerse in fase di collaudo - spiega l’assessore al Parco Adamello in Comunità montana Giamba Bernardi -, ma contiamo di risolvere a breve e in ottobre di inaugurare i due ponti. Tra l’altro, con l’attraversamento dell’Oglio recuperiamo un po’ il vecchio ponte a servizio della strada che, a fine Ottocento, portava in alta Valle, distrutto quando è stata costruita la statale».
Un intervento che però non a tutti è piaciuto, perché «fondi così cospicui potevano essere investiti sulla strada, per evitare le code» e perché «l’impatto visivo quando si passa è pesante», nonostante l’impiego di legno e materiali naturali.
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