Giuseppe Zanardelli e le disposizioni per la Queriniana e la Loggia

Il testamento olografo di Giuseppe Zanardelli fu scritto a Maderno il 18 settembre 1899, quattro anni prima di morire. Niente preamboli, il più volte ministro e presidente del Consiglio va subito «al sodo» e il pensiero va alla famiglia: «La mia sostanza, salvo i legati di cui appresso, intendo che si divida in due parti uguali, delle quali l’una spetta al carissimo mio fratello Ferdinando e l’altra spetta ai figli (Margherita e Giovanni) del compianto mio fratello Giovanni Antonio. L’usufrutto di tutta la mia sostanza preindicata intendo appartenga, con assoluta dispensa da ogni obbligo di inventario e di cauzione, alla mia amatissima sorella Ippolita che per lunghi anni mi prestò con immenso affetto infinite cure, delle quali teneramente la ringrazio. E siccome affettuose cure per parecchi anni mi prestò pure l’altra mia sorella Virginia cui non posso lasciare efficacemente, così desidero che la mia usufruttuaria, e poscia eventualmente i miei eredi, le passino frequentemente regali in denaro, ed oggetti in mia memoria ed in mio nome».

Poi aggiunge: «Voglio che dalla mia sostanza si prelevi una somma colla quale acquistare nel cimitero di Brescia un’arca in cui comporre le salme di tutte le persone di mia famiglia, ed un’altra somma colla quale nell’arca stessa far eseguire dal mio amico Ximenes Ettore un monumento a mio padre e mia madre». Alla domestica Ernesta Pompele «lascio in segno di gratitudine verso lei e suo marito, la cui opera pure mi era stata per più anni preziosa, la somma di lire quattromila» e alcuni mobili.
I libri
Poi il politico dispone anche una collocazione per i suoi libri: «Lascio i miei libri che trovansi a Brescia ed a Maderno alla Biblioteca Queriniana di Brescia, ad eccezione di quelle opere che sono già da esse possedute. Quest’ultime lego all’Ordine degli Avvocati in Brescia. E se opere vi siano possedute tanto dalla Biblioteca Queriniana quanto da quella del Collegio degli Avvocati o Procuratori le opere stesse resteranno ai miei eredi». A Brescia lascia una pendola e due candelabri, regali di Re Vittorio Emanuele; un quadro e il suo busto in marmo eseguito da Ettore Ximenes, un altro in bronzo, il ritratto di Eleonora Duse, medaglie, quadri, statue litografie, fotografie, album e pergamene.
L’avvocato Giustini e gli amici
Poi pensa all’avvocato Giovanni Giustini e agli amici ed esecutori testamentari, Fausto Massimini, Gerardo Lana; a loro, il 2 novembre 1902, si rivolge con un’aggiunta al testamento, nella quale si raccomanda per «gli amici bresciani e di fuori», dato il numero e il rischio di dimenticare qualcuno, «di trasmettere a ciascuna di queste persone, un oggetto in mio ricordo, ch’essi sceglieranno, ben inteso, tra quelli che credano di non destinare al Municipio di Brescia».
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