Garlasco, l'avvocata di Stasi: «Lasciamo lavorare la Procura di Brescia»

«Alberto? Chiaramente, anche lui è rimasto sconcertato. Anche se in questi mesi ha scelto di non seguire troppo quello che sta avvenendo. Diciamo che apprende l'indispensabile, e per il resto va avanti con la sua vita».
A raccontare la reazione dell'allora fidanzato di Chiara Poggi, condannata a 16 anni per il delitto avvenuto a Garlasco nel 2007, è la sua avvocata Giada Bocellari al Corriere della Sera. Stasi è «sconcertato» dopo le perquisizioni che venerdì hanno portato alla luce l'indagine della Procura bresciana che vede indagato per corruzione in atti giudiziari l'ex procuratore di Pavia Mario Venditti che otto anni fa chiese l'archiviazione di Andrea Sempio, il 37enne amico del fratello di Chiara, oggi di nuovo indagato per l'omicidio della giovane.
Lei che ne pensa dell'indagine dei pm di Brescia su Venditti? «Nel rispetto della presunzione di innocenza, è un'ipotesi accusatoria che, semmai dovesse arrivare a qualcosa di più certo - aggiunge l'avvocata -, ovviamente sarebbe gravissima. Per come è formulato adesso l'incolpazione, credo sia una delle peggiori accuse che possa essere mossa a un magistrato. Credo, quindi, abbia lasciato tutti abbastanza sconcertati. Ma lasciamo lavorare la Procura di Brescia».
I genitori di Sempio ei suoi legali hanno giustificato l'appunto trovato in casa, che faceva riferimento a denaro e citava il nome di Venditti, con le ipotesi che fosse un preventivo per le spese legali, o soldi per la marca da bollo per la copia degli atti. «È mio costume non commentare mai le dichiarazioni delle persone coinvolte, e i genitori non sono indagati, quindi preferisco in questa fase non fare commenti».
Quel fascicolo nasceva da un esposto della madre di Stasi. Ai tempi avevate percepito nulla di strano? «Nella fase delle indagini preliminari, no. Eravamo in attesa di vedere che cosa sarebbe successo: avevamo portato informazioni che noi pensavamo necessitassero approfondimenti da parte della Procura. Diverso quando è avvenuta l'archiviazione, a distanza di tre mesi da quando era stata iscritta la notizia di reato: eravamo rimasti stupiti dalla velocità, non dal provvedimento in sé». «C'era una sentenza definitiva da sconfessare, cosa non semplice. E quindi la decisione non era sembrata anomala. Ma la tempistica, quella sì, ci era sembrata un po' veloce. E, soprattutto, ci aveva lasciato perplessi un fatto: dopo l'archiviazione — autorizzati — avevamo chiesto di avere accesso al fascicolo, ma ci erano stati negati per due volte i file audio delle intercettazioni».
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

@News in 5 minuti
A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.