Freddo, muffa, rabbia, speranza: viaggio nelle case popolari Aler

Gli inquilini sono esausti: «Se non usi l’ascensore e sali a piedi ai piani alti, sembra di percorrere il girone dell’inferno». Qualcosa però si sta muovendo, tra Aler e Comune di Brescia
Loading video...
Case popolari: qualcosa si muove
AA

Nadia ha vissuto lì per sedici anni. Ora che è rimasta sola, le basta un monolocale e si è trasferita nel quartiere accanto, ma le piace passeggiare ancora nel vecchio parco. «Parliamoci chiaro – dice senza troppi complimenti –, le prime parole che vengono in mente salendo le scale di queste torri sono: brutto e sporco». Qualche manciata di metri più in là, nel palazzone Raffaello, quasi per disperazione ci ridono su: «Se non usi l’ascensore e sali a piedi ai piani alti, sembra di percorrere il girone dell’inferno».

Promesse e dialogo

San Polo, tarda mattinata, parcheggio del grattacielo Cimabue: per un bel pezzo non passa quasi nessuno, sul margine del piazzale c’è un’auto lurida con due gomme su quattro sfondate. Nell’androne d’ingresso pitturato di giallo, subito dopo la portineria, se ti capita l’ascensore giusto ti trovi a tu per tu con la sporcizia e il degrado che si appiccicano sulle cose ormai usurate; se ti capita quello sbagliato, invece, appena si aprono le porte ti si piazza davanti un tanfo nauseabondo.

La fama di questa zona, quella delle case popolari, le altre volte è durata ciclicamente poco più di una settimana, il tempo del passaggio delle troupe televisive per qualche caso eclatante o per qualche episodio rumoroso eletto a raccontare la presunta storia di una comunità difficile nata per caso. La comunità c’è, ma anziché difficile è in difficoltà, schiacciata dentro ciclopici grattacieli in cemento che negli ultimi anni si sono trasformati in incubatori di solitudini. Ora, però, chi abita lì è arrivato agli sgoccioli: la pazienza ha lasciato il passo alla frustrazione, la frustrazione alla rabbia, la rabbia all’attivismo. E se prima erano convinti di partire già con le armi spuntate, adesso che la mobilitazione ha preso piede grazie al coordinamento di Diritti per tutti, i residenti iniziano ad intravedere qualche speranza e (forse) anche qualche risultato. Anche se subito smorzano l’entusiasmo: «Andiamoci con i piedi di piombo: finché non vediamo, ormai non crediamo».

Qualcosa si muove

  • Come si vive nella torre Cimabue
    Come si vive nella torre Cimabue - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Come si vive nella torre Cimabue
    Come si vive nella torre Cimabue - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Come si vive nella torre Cimabue
    Come si vive nella torre Cimabue - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Come si vive nella torre Cimabue
    Come si vive nella torre Cimabue - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Come si vive nella torre Cimabue
    Come si vive nella torre Cimabue - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Come si vive nella torre Cimabue
    Come si vive nella torre Cimabue - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Come si vive nella torre Cimabue
    Come si vive nella torre Cimabue - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Come si vive nella torre Cimabue
    Come si vive nella torre Cimabue - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it

Dopo la prima grande assemblea organizzata a dicembre alla Casa delle Associazioni, qualcosa si muove: non solo il presidente dell’Aler è andato a verificare alcune delle situazioni segnalate, ma il Comune ha incontrato direttamente portavoce e rappresentanti degli inquilini. Mettendo in moto almeno le piccole manutenzioni, a partire dal caso di via Carpaccio, dove la protesta pubblica ha avuto inizio per poi ampliarsi alle torri Cimabue, Raffaello, Michelangelo, Primo Maggio, Urago Mella e Casazza, dove si terrà la prossima riunione. Nel frattempo, il lavoro del Comitato inquilini prosegue, come pure la raccolta firme avviata da poco e arrivata a superare le 200 adesioni in soli tre palazzi. Ad occuparsi del problema sono stati gli assessori ai Servizi Sociali, Marco Fenaroli, e alla Casa, Alessandro Cantoni, insieme ai rispettivi dirigenti. Certo, di riattivare il riscaldamento dove non c’è, «se ne parla da aprile in avanti», ma qualcosa si muove.

Le torri

Per quel che riguarda la torre Cimabue, Diritti per tutti insieme ai rappresentanti dei comitati consegnerà alla Loggia un dettagliato elenco delle richieste di manutenzione e di segnalazioni (impianto di riscaldamento, porte di ingresso e citofoni rotti, ritardi nelle riparazioni degli ascensori per fare solo qualche esempio). A sua volta il Comune invierà il dossier all’Aler, chiedendo di provvedere subito ad eseguire gli interventi di minor entità e di presentare dei preventivi per quelli più rilevanti, così da procedere ad autorizzarli e a reperire i fondi.

C’è di più: in vista del rinnovo della convenzione che affida la gestione degli alloggi comunali all’Aler, la Loggia – fa sapere Umberto Gobbi – «sta valutando la possibilità di trovare un altro soggetto in grado di eseguire la manutenzione, così da poterlo mettere in concorrenza». Non è escluso che un centinaio di abitazioni siano sfilate dalla regia dell’Azienda e finiscano sotto l’ala di Brescia Infrastrutture.

Freddo, umidità, crepe

  • Le condizioni della torre Raffaello
    Le condizioni della torre Raffaello - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Le condizioni della torre Raffaello
    Le condizioni della torre Raffaello - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Le condizioni della torre Raffaello
    Le condizioni della torre Raffaello - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Le condizioni della torre Raffaello
    Le condizioni della torre Raffaello - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Le condizioni della torre Raffaello
    Le condizioni della torre Raffaello - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Le condizioni della torre Raffaello
    Le condizioni della torre Raffaello - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Le condizioni della torre Raffaello
    Le condizioni della torre Raffaello - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Le condizioni della torre Raffaello
    Le condizioni della torre Raffaello - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Le condizioni della torre Raffaello
    Le condizioni della torre Raffaello - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Le condizioni della torre Raffaello
    Le condizioni della torre Raffaello - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Le condizioni della torre Raffaello
    Le condizioni della torre Raffaello - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Le condizioni della torre Raffaello
    Le condizioni della torre Raffaello - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Le condizioni della torre Raffaello
    Le condizioni della torre Raffaello - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Le condizioni della torre Raffaello
    Le condizioni della torre Raffaello - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Le condizioni della torre Raffaello
    Le condizioni della torre Raffaello - Le condizioni della torre Raffaello - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Le condizioni della torre Raffaello
    Le condizioni della torre Raffaello - Le condizioni della torre Raffaello - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Le condizioni della torre Raffaello
    Le condizioni della torre Raffaello - Le condizioni della torre Raffaello - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
  • Le condizioni della torre Raffaello
    Le condizioni della torre Raffaello - Le condizioni della torre Raffaello - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it

Il campionario di disagi in cui ci si imbatte bussando alle porte di Teresa, Mattieus, Anastasia, Mariam, Vittorio, Eveline è disarmante. Case al gelo, senza riscaldamento in pieno inverno, da anni. Case impregnate di umidità e di muffa. Case con muri ricamati dalle infiltrazioni e con l’acqua «catturata» grazie a un’impalcatura di bacinelle «per non rovinare i mobili della cucina». Case in cui il pavimento a tratti è lineare, a tratti è insidioso, perché le mattonelle quando si alzano e si crepano possono tagliare. Case in cui una madre incinta del secondo figlio deve correre al Pronto soccorso perché il primogenito, sì e no due anni, ha ciclicamente la bronchite. Case in cui si dorme solo in sala da pranzo, dove c’è l’unico termosifone funzionante e dove il rimbombo delle ventole non ti trapana la testa. Case impilate su diciotto piani in cui solo due ascensori funzionano e allora al mattino «bisogna uscire almeno un’ora prima» o «chiamare i pompieri per consentire a un disabile di rincasare» e per essere certi di arrivare a destinazione con l’elevatore, qualcuno dall’esterno deve controllare che le due porte siano allineate «altrimenti resti bloccato». Mega-palazzoni in cui neanche le porte antincendio sono una certezza. Case in cui se qualcosa si rompe, si sporca, si consuma «prima che qualcuno risponda o intervenga, passano anni» di chiamate e di mail a vuoto.

Com’era prima

Eccola, la vera forza di questa bruttezza, quella di cui parla Nadia: l’inerzia prolungata, il tempo immobile, l’assenza di tutti. Almeno negli ultimi anni, perché «prima non era così». Per chi nelle case popolari ci ha trascorso una vita ci sono diversi «prima»: prima che l’Aler si occupasse oltre che di Brescia anche di Cremona e Mantova (segno che l’unione non fa sempre la forza); ma anche prima che il Comune cedesse la gestione «in house».

Se lo ricorda bene Anastasia, che a Ferragosto festeggia trent’anni di residenza alla Cimabue e per anni ha fatto parte del comitato inquilini: «Il punto vero è che non ci ascoltano e negli ultimi anni la gestione è peggiorata moltissimo. Quando la regia era comunale, i lavori venivano eseguiti subito, come la volta in cui ho chiesto di installare i maniglioni lungo la discesa che porta ai garage». Ecco perché, anche di fronte alle promesse e ai primi 400mila euro appostati a bilancio, Cinzia – la portavoce di via Carpaccio – ci va coi piedi di piombo e lo sciopero del pagamento delle spese condominiali (2-3mila euro, senza avere acqua calda o riscaldamento) non lo interrompe: «I soldi li versiamo a lavori ultimati» ripete. Gli altri annuiscono, i residenti della Cimabue sono pronti a dichiarare lo stato di agitazione, alla torre Raffaello ci pensano.

Perché il punto è non diventare il resoconto di una città diseguale non solo in termini di reddito, ma soprattutto in termini di opportunità. Di non arrendersi alla convivenza di «due Brescia»: quella capace di cogliere le opportunità della crescita. E quella resa invisibile, esclusa da tutto.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Icona Newsletter

@News in 5 minuti

A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.