Formazione dei magistrati anche in carcere: la proposta a Brescia

Venerdì una tavola rotonda in Tribunale sulla legge «Sciascia-Tortora»
L'ingresso del carcere di Canton Mombello a Brescia - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
L'ingresso del carcere di Canton Mombello a Brescia - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
AA

Gli organizzatori avrebbero voluto parlarne in carcere ma la direzione ha respinto la loro richiesta. Sarà così la sala polifunzionale del palazzo di giustizia di via Lattanzio Gambara in città ad ospitare, queste venerdì pomeriggio, 21 novembre, l’incontro promosso per presentare, anche nella nostra città, la proposta di legge «Sciascia-Tortora» che vorrebbe quindici giorni e quindici notti di permanenza in carcere per i magistrati, come percorso obbligatorio di formazione.

Il percorso

Dalle 15.30 alle 17.30 di dopodomani dunque i relatori si confronteranno sulla proposta di legge denominata «Sciascia-Tortora» che prevede per i magistrati in tirocinio un’esperienza all’interno delle strutture detentive italiane per comprendere dove e come vivono le persone che verranno giudicate. Il testo della proposta di legge include anche, per i futuri magistrati, lo studio di opere letterarie e giuridiche dedicate al tema della giustizia e del diritto penitenziario.

La proposta, presentata alla Camera nel maggio 2024, è in fase di calendarizzazione presso la Commissione Giustizia.

Il nome, legge «Sciascia-Tortora» è stato scelto perché sul Corriere della Sera, il 7 agosto 1983, Leonardo Sciascia lanciò l’idea che i magistrati trascorressero almeno tre giorni con i detenuti. Nemmeno due mesi prima era stato arrestato Enzo Tortora, inizio di un doloroso percorso fino alla proclamazione d’innocenza.

Gli organizzatori

Unione delle camere penali italiane, Amici di Leonardo Sciascia, Fondazione Enzo Tortora, Italiastatodidiritto e Società della Ragione, hanno spiegato che «la formazione in carcere prevista non è un gesto simbolico, ma un atto concreto di consapevolezza. Chi decide della libertà o della pena di un cittadino deve conoscere da vicino la realtà che le proprie decisioni producono. Vedere una cella, ascoltare una voce, osservare una quotidianità fatta di spazi ristretti e tempi sospesi, tutto questo aiuta a rendere più umana e responsabile l’amministrazione della giustizia».

A Brescia

Una iniziativa che trova in primo luogo la condivisione di Giovanna Di Rosa, presidente della Corte d’Appello. «Conoscere in prima persona, capire il valore della detenzione, cosa significa la privazione della libertà ritengo sia molto utile per tutti i cittadini, non solo per i magistrati». Pur senza entrare nei dettagli della attuale proposta, la presidente ricorda che nella sua carriera ha «avviato iniziative per portare giovani magistrati in carcere e anche al tribunale di sorveglianza perché ritengo fondamentale che chi determina la pena e le modalità della sua esecuzione deve essere ben consapevole di cosa si sta parlando».

Nell’incontro di venerdì interverranno Giovanni Rocchi, Simona Viola, Monica Calì, Luciano Eusebi, Andrea Cavaliere, Guido Camera e Francesca Scopelliti. Alla tavola rotonda parteciperanno anche gli esponenti politici Alfredo Bazoli, Benedetto Della Vedova, Mariastella Gelminie Silvia Fregolent.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato

Icona Newsletter

@News in 5 minuti

A sera il riassunto della giornata: i fatti principali, le novità per restare aggiornati.

Suggeriti per te

Caricamento...
Caricamento...
Caricamento...