CronacaGarda

Fondi, dubbi e liti: 10 anni di depurazione a ostacoli sul Garda

Simone Bottura
Il sistema di depurazione fognaria che raccoglie i reflui bresciani e veronesi è sottodimensionato. C’è un nuovo progetto, ma è divisivo: tutta la storia
Il depuratore di Peschiera
Il depuratore di Peschiera
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Il sistema di depurazione fognaria dei Comuni del Garda, risalente agli anni ’70, non regge più il carico cui è sottoposto. Il depuratore di Peschiera, dove arrivano sia i reflui bresciani che veronesi, è sottodimensionato: ha una capacità di 330mila «abitanti equivalenti» contro un’esigenza che supera abbondantemente il mezzo milione («abitante equivalente» è l’unità di misura utilizzata in depurazione e corrisponde a 200 litri di reflui al giorno). Senza calcolare la pressione turistica: nel 1990 il Garda contava 5 milioni di presenze, nel 2023 sono state 29 milioni.

Quando piove abbondantemente (sempre più spesso), per non scoppiare, l’impianto scarica le fogne nel lago. Inoltre le tubazioni non rispettano gli attuali standard ambientali e le condotte sublacuali sono prossime al fine vita. Urge, insomma, un nuovo sistema.

La storia

Tra i primi a sollevare pubblicamente la questione fu, nel 2014, il presidente della Comunità del Garda Giorgio Passionelli, che scrisse all’allora presidente del Consiglio Matteo Renzi chiedendo fondi per un nuovo depuratore per la sponda bresciana.

Per dare voce forte e univoca a questa urgenza, nel 2015 i sindaci del lago costituirono su impulso della stessa Comunità del Garda l’Associazione temporanea di scopo (Ats) Garda Ambiente. Allora si pensava, come da progetto predisposto dall’azienda pubblica Garda Uno, di collocare il depuratore dei Comuni del Garda bresciano a Visano, nella Bassa bresciana.

Ancora di Visano si parla quando, nel 2017, viene siglato un accordo di programma tra Ministero dell’Ambiente, Lombardia e Veneto, Ato di Brescia e Verona, in base al quale il Governo stanzia 100 milioni di euro (a fronte di un costo, compresa la parte veronese, di 230 milioni). Da qui l’urgenza di mettere sulla carta un progetto sostenibile e realizzabile.

Nel 2018 Acque Bresciane (il gestore unico del servizio idrico integrato nel quale è confluito Garda Uno) chiede all’Università di Brescia uno studio con più soluzioni progettuali (6 per la precisione: impianto unico potenziato a Peschiera; Peschiera e Lonato; Peschiera e Montichiari; Peschiera e Visano; Peschiera, Muscoline e Montichiari; Peschiera, Gavardo, Montichiari). Nel 2019 viene scelta la soluzione del doppio depuratore Gavardo-Montichiari, con scarico nel Chiese.

Il progetto

Lo schema di progetto prevede che Desenzano e Sirmione restino collegati, assieme ai Comuni veronesi, a Peschiera, con un nuovo impianto da 100mila «abitanti equivalenti» a Gavardo per i centri dell’Alto Garda bresciano e un depuratore a Montichiari da 140mila «abitanti equivalenti» per quelli del Basso Garda.

Per Università e Acque Bresciane è la soluzione più performante e sostenibile.

Le proteste

Ma i Comuni del Chiese protestano. Il 30 novembre 2020 la Provincia di Brescia approva la «mozione Sarnico», in base alla quale i depuratori devono essere realizzati nei territori che vanno a servire. Acque Bresciane studia così un’«alternativa gardesana», a Lonato (con scarico sempre nel Chiese). Sembra che la strada sia percorribile. A quel punto sono però i Comuni gardesani a protestare. È la sindrome «Nimby», acronimo del motto inglese «Not in my backyard», «Non nel mio cortile».

Dopo settimane di tira e molla, nel giugno 2021, arriva il commissariamento del Governo, richiesto dalla presidente della Comunità del Garda Mariastella Gelmini. Il prefetto di Brescia (allora Attilio Visconti) viene nominato commissario straordinario «per la progettazione, l’affidamento e l’esecuzione del nuovo sistema di depurazione».

La decisione del commissario non si fa attendere: il 23 luglio 2021 Visconti – supportato dalle analisi delle Università di Brescia, Verona e Trento – comunica che la soluzione Gavardo-Montichiari è «non solo la migliore risposta all’esigenza di una rapida attuazione» del nuovo sistema di collettamento, ma anche «la proposta che garantisce le migliori performance dal punto di vista tecnico e ambientale».

Viene così dato avvio all’iter amministrativo del progetto, che ora sta per approdare alla fase esecutiva, ma che, come dimostrano le mozioni e le audizioni di questi giorni in Regione Lombardia, è ancora fortemente divisivo. Nel frattempo è sopraggiunta una nuova normativa europea in materia, a cui l’opera dovrà allinearsi. La strada è ancora lunga.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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