CronacaGarda

Figli che uccidono le madri: «Si arriva a tanto per una sofferenza più forte di tutto»

Alberto Ghilardi, professore di Psicologia Clinica all’UniBs, analizza l’omicidio di Puegnago del Garda
L'abitazione di Santina Delai il giorno dopo l'omicidio - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it
L'abitazione di Santina Delai il giorno dopo l'omicidio - Foto Gabriele Strada/Neg © www.giornaledibrescia.it
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«Il fatto che lui volesse trasferirsi lontano può aver fatto saltare gli schemi. Come fosse una separazione in atto. Certo la modalità dell’omicidio ci dice che era una situazione critica covata per molto tempo».

Provare a spiegare come un figlio possa arrivare ad uccidere un proprio genitore – come accaduto a Puegnago del Garda, dove Mauro Pedrotti ha ucciso la madre Santina Delai - è complesso anche per la psicologia clinica ed è difficile generalizzare. L’unica cosa certa cui ci si può rifare è il passato, la storia di ogni individuo dove si trovano le tracce che possono spiegare un gesto violento. Per Alberto Ghilardi, professore associato in Psicologia Clinica e responsabile del Settore scientifico disciplinare di Psicologia dell’Università degli Studi di Brescia, nella storia dei singoli, nelle vicissitudini personali, si trovano gli elementi che ci possono aiutare a capire questi omicidi.

Professore, come può un figlio uccidere i genitori?

«Le relazioni familiari non sono buone in natura, come si tende a pensare. La famiglia è l’alveo naturale in cui ti aspetti di ricevere sostegno, realizzazione, riconoscimento, ma le aspettative dei genitori verso i figli, e viceversa, spesso non coincidono».

Per questo si può arrivare a uccidere?

«Quando le cose vanno male, prevalgono le esigenze personali su quelle dell’altro. Il problema degli omicidi è che hanno alle spalle un lungo percorso di soffocamento e sopportazione del conflitto, che ad un certo punto può sfociare in modo violento. Questo succede quanto non c’è in famiglia una buona espressione del conflitto, dove cioè i conflitti non possono essere discussi e confrontati. Solitamente gli omicidi hanno alle spalle un lungo percorso di soppressione o compromissione di disaccordi e conflitti tra genitori e figli»

Siamo davanti ad un omicidio probabilmente premeditato. Ma è davvero immaginabile che un figlio non riesca a togliersi dalla testa l’idea di ammazzare un genitore e non faccia un passo indietro?

«Di solito si arriva a un punto in cui la sofferenza è intollerabile ed eliminarla è prioritario rispetto alla vita dell'altro, anche fosse un tuo genitore. L'altro non è più un genitore, ma solo la causa della sofferenza».

L’incredulità di parenti e amici - come stiamo raccogliendo in queste ore attorno al caso di Puegnago del Garda - come si spiega?

«Fa parte di una rappresentazione che si crea a livello sociale per cui genitori e figli non debbano litigare, o comunque non si debba mostrare come qualcosa di moralmente poco giusto. Quindi sopprimiamo creando un velo di apparenza che ci fa sembrare persone a posto, che vanno d’accordo. Una rappresentazione, appunto. Non ci si rende conto, però, che sotto la cenere cova la brace, che ad un certo punto esplode».  

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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