Estorsioni in stile mafioso, la vittima: «Avevo paura per i miei figli»

L’uomo aveva chiesto 15mila euro e ne aveva restituiti oltre 35mila: «Continuavo a pagare per non veder crollare il castello di bugie che avevo costruito per mia moglie»
L'entrata del Palagiustizia di Brescia - New Eden Group © www.giornaledibrescia.it
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Non è stata una testimonianza facile quella del 40enne bresciano finito nelle rete di un gruppo di soggetti di origine siciliana che, secondo la Squadra Mobile della Questura e la Procura della Repubblica, prestavano soldi con tassi da usura e utilizzavano metodi mafiosi per ottenerne la restituzione.

Ieri mattina a palazzo di giustizia si è aperto il processo a Salvatore Sirchia, 53enne di origini palermitane, posizione stralciata da un procedimento più ampio, per un’operazione da 15mila euro nei confronti di un broker finanziario bresciano che gli aveva chiesto soldi in prestito per mantenere il tenore di vita a cui aveva abituato moglie e figli e a cui non riusciva più a far fronte con le proprie entrare.

Secondo chi aveva investigato, nel 2019, il 40enne bresciano aveva chiesto un prestito di 15mila euro e, nel marzo del 2023, aveva versato complessivamente al 53enne oltre 35mila euro, per un tasso medi annuo di interesse calcolato dagli inquirenti del 32,3% quando quello fissato oltre il quale di parla di usura è tra il 14 e il 17%.

Nella sua testimonianza il 40enne ha ammesso «di non aver raccontato tutta la verità alla polizia per paura, sapevo che Sirchia è un pregiudicato. Mi ero lasciato quella storia alle spalle e non volevo tornarci dentro».

Quando gli hanno chiesto delle modalità con cui gli veniva preteso il rientro del denaro, l’uomo ha spiegato «mi chiamava con insistenza e mi chiedeva di tornare i soldi, mi diceva che li avrebbe chiesti a mia moglie. Io ho anche due figli e avevo paura per loro». Non solo «continuavo a pagare per non veder crollare il castello di bugie che avevo costruito per mia moglie».

Nell’accordo tra i due sarebbero entrare anche diverse auto utilizzate dalla vittima o dai familiari del presunto usuraio: vetture per cui la vittima pagava i suoi creditori in aggiunta al debito che già aveva contratto con versamenti prima in contanti e poi con bonifici perché «qualcosa non andava e volevo avere delle prove documentali di quanto gli stavo dando, perché non fosse la mia parola contro la loro».

Nella prossima udienza, fissata per il 24 febbraio, focus sulle tante intercettazioni telefoniche finite nel fascicolo.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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