Cronaca

«Chi ama si fa piccolo»: l’editoriale di Natale del vescovo

Monsignor Pierantonio Tremolada e il «contrasto del presepe»: «È questa la condizione per essere grandi»
Monsignor Pierantonio Tremolada - Foto New Reporter Papetti © www.giornaledibrescia.it
Monsignor Pierantonio Tremolada - Foto New Reporter Papetti © www.giornaledibrescia.it
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Oltre agli auguri rivolti ai fedeli in un videomessaggio, il vescovo di Brescia, monsignor Pierantonio Tremolada, ha condiviso una riflessione più articolata sul valore del Natale. L’editoriale, che vi proponiamo integralmente qui sotto, comincia con una considerazione sul presepe, simbolo cristiano di queste festività.

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Gli auguri di Natale del vescovo Pierantonio Tremolada

«Nella scena del presepe colpisce un contrasto. Il racconto della Natività nel Vangelo di Luca descrive l’incontro di due punti di vista, tra loro molto distanti. Da una parte i pastori, esperti conoscitori dei territori che circondano Betlemme, abituati a una vita nomade, senza fissa dimora, sempre in compagnia del loro gregge, esposti alle intemperie, al caldo del giorno e al freddo della notte. Dall’altro gli angeli, figure misteriose e affascinanti, frequentatori dei cieli, cari ai bambini e forse troppo disinvoltamente relegati dagli adulti nel mondo delle favole.

In una notte d’inverno alcuni pastori stanno vegliando. Le pecore sono al riparo nelle grandi caverne dove vengono riunite. I pastori, a turno, le sorvegliano all’esterno. Un angelo – il Vangelo di Luca dice: un “angelo del Signore” – si presenta loro, avvolgendoli di luce. Ai pastori spaventati dice: “Non temete, ecco io vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, a Betlemme, vi è nato un Salvatore, che il Cristo Signore”. Sono parole che annunciano un evento grandioso. I titoli sono impressionanti. Colui che è nato a Betlemme è il Cristo annunciato dai profeti, Signore della gloria, Salvatore dell’umanità umiliata dal male.

Altri angeli si aggiungono, una moltitudine che riempie il cielo e canta: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”. Questo inno è anche un messaggio. Come a dire: “Sappiano gli uomini che Dio li ama, che, grazie a questa nascita, sarà possibile sulla terra vivere nella pace, riflesso della gloria nei cieli”. Ecco il punto di vista degli angeli. Ecco cosa gli angeli vedono nell’evento di Betlemme. Cosa vedono invece i pastori? Che cosa si aspettano dopo questo annuncio? Vedono un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia. Vedono la più totale semplicità, una dignitosa povertà, una tenera intimità.

La regalità di Dio entra nel mondo degli uomini con la discrezione che l’amore ben conosce. Non spaventa, non umilia, non si impone. Semplicemente si presenta, condivide, inizia un cammino. Ma ciò che ha da offrire è straordinario, grandioso, misteriosamente potente. Dietro ciò che i pastori vedono sta in realtà ciò che solo gli angeli al momento sono in grado di vedere. Il cammino dei pastori sarà lungo. Ora sono solo sorpresi del contrasto che percepiscono tra ciò che vedono e ciò che è stato loro annunciato: un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia è il Cristo Signore. Avranno modo di capire che in realtà non c’è nessun contrasto, ma solo la verità di una rivelazione che così manifesta la vera gloria di Dio. Come scrive bene san Paolo: “Ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini”. Chi ama si fa piccolo, ma proprio questa è – secondo Dio – la condizione per essere grandi».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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