E-mail di Musk a Ghedi, ma non ai tre impiegati civili della base Usa

La motosega di Elon Musk, emblema dei tagli efficientisti voluti dall’amministrazione Trump, per ora sembra non essere rivolta alla base militare americana di Ghedi. Quantomeno non alla ristretta pattuglia di dipendenti civili italiani che operano al servizio dei militari statunitensi di stanza nella Bassa bresciana. A Ghedi, attualmente, lavorano solo tre impiegati, al servizio del personale del 704th Munitions Maintenance Squadron, unità distaccata di un più ampio reparto di stanza in Germania (precisamente a Spangdahlem) e di fatto considerata – pur imperante l’impenetrabile riserbo degli apparati militari sul tema – custode delle bombe atomiche dislocate in ambito Nato sull’aerobase bresciana, a disposizione di Tornado ed F35 del 6° Stormo della nostra Aeronautica.
L’invio di e-mail
Ha fatto notizia negli ultimi giorni il massiccio invio di e-mail promosso dal Doge (Department of Government Efficiency) alla cui regia il presidente Usa ha posto Musk. Missive volte a interrogare il personale della pubblica amministrazione stelle e strisce sull’effettivo impegno e sui risultati settimanali conseguiti da ciascuno. Dall’Fbi alla Difesa, le reazioni non sono mancate. Ma il contestuale blocco delle assunzioni e il lucchetto posto alle carte di credito abitualmente usate per le esigenze operative dei dipendenti si sono ugualmente abbattuti su molti uffici governativi, inclusi quelli del Pentagono, in homeland come all’estero. E qui veniamo all’Italia. Nelle basi americane presenti nel nostro Paese (Aviano, Vicenza, Camp Darby, Napoli e Sigonella, oltre appunto a Ghedi) trovano impiego circa 4.300 dipendenti civili. Non pochi se si considera che sul suolo italiano operano complessivamente 16mila militari Usa. Questi raggiunti tutti – anche nella Bassa Bresciana – dalla richiesta di rendicontazione di Musk.
I dipendenti italiani
La cui sollecita curiosità non si è fermata però al personale americano. La stessa mail è stata infatti inviata anche a buona parte dei 4.300 lavoratori italiani, cui il Doge ha chiesto di relazionare settimanalmente sui traguardi ottenuti (almeno cinque). La cosa, stante la contrattualizzazione disciplinata dalle norme italiane, ha suscitato la perplessità dei sindacati, in particolare di Fiascat-Cisl che rappresenta buona parte del personale italiano dell’amministrazione militare Usa. «Questo ha chiaramente creato tensione tra i dipendenti» spiega Tony Fiorenza, già dipendente civile della base di Sigonella e a capo della delegazione sindacale che lo scorso anno ha rinnovato il contratto con la Jcpc (Joint Civilian Personnel Commettee-Italy), l’organo che sovrintende all’impiego di personale italiano presso le varie anime della Difesa Usa.
A Ghedi
«Per il momento, tuttavia, a Ghedi non è giunta alcuna mail – conferma il collega Roberto Del Savio, referente dello stesso sindacato oltre che per Aviano anche per la base bresciana –. Allo stato sono solo tre i dipendenti civili che operano per i militari americani in provincia. Si tratta di impiegati amministrativi, che a differenza di quanti sono nel settore commerciale, non hanno ricevuto alcuna comunicazione del Doge, neppure mediata dai rispettivi manager. Allo stato, sul punto, restiamo in attesa di una eventuale presa di posizione ufficiale della Jcpc». Diversa però la questione relativa ai «tagli», preannunciati con un blocco delle assunzioni e dunque del naturale turn over in caso di pensionamenti. «A Ghedi uno dei tre dipendenti dovesse lasciare o andare in pensione allo stato non verrebbe rimpiazzato» conferma Del Savio «anche se la prima uscita dovrebbe essere tra oltre un anno». Come a dire che c’è margine perché lo stato di attuale emergenza rientri.
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