Dopo otto anni scatta lo sfratto e lo paga la proprietaria
Per otto anni non ha mai percepito nulla. Di certo non quello che era stato pattuito durante la firma del contratto preliminare per la vendita della sua villa di 400 metri quadrati di Trenzano. Casa che, finalmente, oggi, al termine di un lunghissimo contenzioso legale, è tornata in possesso della proprietaria, la signora Beatrice Miglio.
La beffa
Un epilogo che, però, risulta difficile definire a lieto fine, perché per la donna, da oltre 20 anni residente in Svizzera, oltre al danno (e non di poco conto) è arrivata anche la beffa. La signora, infatti, ha dovuto sborsare di tasca propria i soldi per il fabbro, per il medico fiscale e addirittura per il veterinario dell’Ats, visto che di mezzo ci sono anche le sorti di un cane. Animale che per la legge, in questa fase, è a carico non dei padroni, bensì dei proprietari dell’immobile al centro del contenzioso.
Gli sfrattati, a quanto emerge, se ne sono andati in autonomia tra ieri sera a stanotte. In casa è entrata la proprietaria Beatrice Miglio con l'ufficiale giudiziaria e sono arrivati ora i tecnici di Ats, dopo l'intervento del fabbro.
La denuncia
«Ho voluto denunciare questa storia, che secondo me ha davvero dell’incredibile, per senso civico – spiega la signora Miglio, che dalla Svizzera ci ha contattato telefonicamente proprio il giorno prima del secondo accesso da parte dell’ufficiale giudiziario del Tribunale di Brescia –. Sicuramente non sono né la prima né l’ultima persona a trovarsi in una situazione del genere e questo ci fa capire quanto valgono i contratti in Italia. Senza contare il fatto, che l’agenzia a cui mi ero rivolta per vendere la casa, una villa di 400 metri quadrati a Trenzano, mi aveva assicurato che la famiglia (di nazionalità romena, ndr) fosse solvente».
La vicenda legale
In questi anni, oltre a non aver mai percepito i 1.100 euro mensili messi come stabilito da contratto (di fatto l’equivalente della rata del mutuo che la proprietaria versava alla banca), la signora Miglio ha dovuto affidarsi anche a uno studio legale.
«Nel 2018, dopo circa due anni dalla firma del preliminare del contratto con la formula rent to buy (stipulato tra il proprietario, denominato concedente, e il conduttore, che gode del bene con il diritto di acquistarlo dopo una certa durata determinata nel contratto, ndr), il giudice aveva stabilito che la famiglia avrebbe dovuto lasciare la casa in quanto occupata abusivamente. Ma la controparte ha fatto ricorso in Appello – spiega l’avvocato Luisella Lazzaroni, che ha seguito personalmente il caso –. La sentenza della Corte d’Appello di Brescia è arrivata soltanto a febbraio di quest’anno e ha dato ragione alla mia assistita».
Lunga attesa
Di mezzo c’è stato il Covid, ma questo non toglie che il periodo trascorso sia notevolmente lungo. A ottobre c’è stato il primo accesso, ma l’esecuzione del provvedimento è stata aggiornata a questa mattina, «non solo per la questione del cane, tra l’altro di grossa taglia – spiegano la signora e il suo avvocato –, ma anche perché la famiglia aveva presentato un certificato di malattia per il figlio maggiorenne. Per questo domani (oggi, ndr) sarà presente anche il medico fiscale, per valutare le condizioni del ragazzo, con tanto di ambulanza».

Lo sfogo
«Ne faccio una questione di principio, certo, anche perché da parte di questa famiglia c’è sempre stato un comportamento arrogante – conclude Beatrice Miglio –. Ma anche prettamente economica e pratica. Io oggi vivo in Svizzera con una pensione dell’Inps e posso assicurare che non è per niente facile. Ma soprattutto, con quei soldi avrei potuto aiutare anche i miei figli e invece, oggi, mi ritrovo a pagare altre spese e solo per rientrare in possesso della mia casa, comprata, ampliata e sistemata negli anni con grande sacrificio mio e della mia famiglia».
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