Disabile non trova il biglietto, controllore gli chiede di scendere dal bus

È andato in confusione perché non trovava quanto richiesto e quando il controllore ha fatto fermare l’autobus, invitandolo con insistenza a scendere per proseguire la verifica, si è messo a piangere. Una scena che ha lasciato senza parole alcuni passeggeri del mezzo pubblico, che, di fronte a quella situazione, si erano anche offerti di pagare il biglietto del ragazzo, un giovane affetto da sindrome di Down, che in quei brevi ma concitati istanti si deve essere sentito con le spalle al muro.
Ma la cosa più sorprendente, in negativo, non è stata la vicenda. Avrebbe potuto trattarsi di un caso isolato, di un errore umano nel gestire una situazione per certi versi complicata. Bensì la risposta dei vertici di Arriva: non solo non hanno smentito quanto accaduto, ma hanno difeso e avvallato il comportamento dei dipendenti della società, rimarcando il fatto che il personale si è limitato a seguire le linee guida.
L’episodio
A raccontarlo è stata Maria Emma Sacco, una dei passeggeri che ha assistito alla scena, avvenuta a fine ottobre. Una scena che l’ha profondamente colpita tanto da inviare una lettera ad Arriva. Ma è solo dopo aver ricevuto la risposta della società, che la donna ha deciso di denunciare l’episodio raccontando la vicenda al Giornale di Brescia.
«Io ero allibita e per tutti i presenti è stato mortificante, in tanti anni che prendo i mezzi pubblici non mi era mai capitata una simile situazione e scrivo per contribuire a far sì che non capiti più in futuro - si legge nella lettera della signora, che aveva preso la corriera della linea Brescia-Gargnano delle 16.10 - Il ragazzo, dopo che il controllore (una donna) gli ha detto di scendere, ha risposto in maniera confusa che doveva andare a Salò. Mi sono offerta di pagare il biglietto al suo posto, ma mi è stato più volte risposto che quella non era la soluzione.
Un’altra signora è intervenuta senza esito dicendo platealmente: "Non vede che è un ragazzo disabile?". Alla fine la situazione si è risolta perché il ragazzo ha iniziato a piangere e i passeggeri si lamentavano dello stop del mezzo pubblico».
La risposta
Quella scena ha turbato così tanto la signora, che il giorno seguente ha scritto subito ad Arriva, per avere delle risposte: «Sono certa che i controllori fossero convinti di fare bene il loro lavoro ma, nella situazione specifica, non sono stati in grado di capire chi avevano di fronte. Mi auguro quindi che questo sia solo un caso isolato e che le linee guida che impartite ai controllori garantiscano sempre e in primo luogo il rispetto per la persona».
Dunque per la signora si è trattato soprattutto di un atteggiamento umano sbagliato, in modo particolare perché rivolto a una persona disabile, al di là del fatto se il giovane avesse o meno l’abbonamento dedicato o il biglietto.
Ma la risposta di Arriva, invece, si è soffermata solamente su questo aspetto: «Apprendendo con sincero rincrescimento i dettagli riferiti, vogliamo precisare che persone affette da simili problematiche sono inequivocabilmente riconoscibili allorché esibiscono speciali documenti di viaggio rilasciati con le dovute agevolazioni dalla regione Lombardia, non già da aleatorie supposizioni di tipo somatico o psicanalitico che il nostro personale non è qualificato a formulare».
Ma è nel passaggio successivo che la società ribadisce con fermezza che non è stato un caso isolato: «Le procedure di verifica dei titoli di viaggio vengono messe in atto secondo nostre precise direttive al fine di intercettare tutte le eventuali violazioni tariffarie, nel tentativo di contenere il più possibile il sopravvento dell’illegalità, senza distinzione alcuna tra i passeggeri». Senza distinzioni.
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