Il debito non pagato in Italia innesca l’omicidio in Kosovo

Un credito modesto in Italia, si trasforma in uno tsunami in Kosovo dove, per poche centinaia di euro, la vendetta del debitore si compie di traverso, sfonda il tetto della proporzione, culmina nell’omicidio di un ragazzo poco più che maggiorenne.
Per 300 euro
La storia approdata a processo, davanti al giudice Mauro Ernesto Macca, risale ai primi giorni del 2022. Protagonisti cinque uomini di origine kosovara. Quattro fratelli, da anni residenti nell’Ovest della provincia, ed un quinto, la presunta vittima, della quale da allora si sono perse le tracce.
Secondo la ricostruzione finita agli atti, il più grande dei quattro, pretende dal connazionale la restituzione dei 300 euro che gli ha prestato. E non si limita a telefonate insistenti. Prima passa alle minacce di morte e poi, coinvolgendo gli altri tre fratelli, anche alle vie di fatto. I quattro, stando alla denuncia della vittima, si presentano armati di bastone e lo usano. Lo colpiscono al volto, al torace. Lo prendono pure a calci. L’uomo ne avrà per dieci giorni, per diverse contusioni al volto e al costato.
Individuati dai carabinieri i quattro finiscono a processo con l’accusa di esercizio arbitrario delle proprie ragioni e per lesioni aggravate. Del debitore invece nessuna traccia. Incaricati dal Tribunale i carabinieri lo vanno a cercare da più parti. Capiscono che non è più in Italia e il dibattimento così prosegue anche senza di lui. Il giudice decide di acquisire oltre al referto medico, anche la sua denuncia. Con questa, agli atti, finisce il risvolto più sanguinoso dell’intera vicenda. Oltre a riferire le minacce e le lesioni subite, la persona offesa dichiara nero su bianco che uno dei suoi fratelli, dopo aver saputo dell’agguato subito a Brescia, ha ammazzato un fratello dei suoi aggressori in Kosovo e, per quel fatto, è stato arrestato e portato a processo.
Tre volte
Vittime tre volte. Così si dichiarano gli imputati. Oltre ad averci rimesso poche centinaia di euro, il male assolutamente minore, si ritrovano senza un fratello, uno dei componenti più giovani della famiglia, e ingiustamente a processo, accusati falsamente a loro dire, di minacce e lesioni che non hanno mai commesso.
«Ho chiesto la restituzione dei miei soldi - ha detto il più anziano dei quattro nelle dichiarazioni spontanee - ma non ho minacciato di morte e picchiato nessuno. Venga qui in aula, sostenga un confronto con me davanti ai giudici» ha chiesto l’imputato difeso dall’avvocato Gianbattista Scalvi rivolgendosi al Tribunale.
Per gli altri tre fratelli, assistiti dall’avvocato Kolaj a parlare sono i documenti. Sui passaporti di due vi è un timbro ungherese che riporta una data incompatibile con la loro presenza a Brescia nelle ore della rappresaglia, mentre per un terzo a valere è l’esecuzione di un ordine di estradizione. Il processo è stato aggiornato al prossimo 18 giugno. In calendario la discussione delle parti e la sentenza.
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