Dal 2000 ad oggi 12 omicidi irrisolti a Brescia: «Chi ha ucciso papà è impunito da 20 anni»

Il figlio di Floriano Gorni, assassinato nel 2004, spera nella verità: «Ho però scarsa fiducia nella giustizia»
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I 12 Cold case del Bresciano
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Diva Borin, 86 anni, è l’ultima vittima di un omicidio irrisolto in provincia di Brescia. Per i giudici è stato impossibile ritenere colpevole «oltre ogni ragionevole dubbio» l’unico imputato, assolto in primo e secondo grado.

E così il nome dell’anziana, strangolata con un foulard in casa sua ad Urago Mella il 2 marzo 2019, si aggiunge a quelli di altre vittime di delitti impuniti. Guardando solo agli ultimi 24 anni e quindi tralasciando l’uccisione del piccolo Cristian Lorandi, strangolato e abbandonato in Maddalena a dieci anni nel 1986, sono dodici dall’inizio degli anni Duemila gli omicidi mai risolti nel Bresciano.

I casi

Come la morte violenta di Giuseppe Leonardi, 32 anni, e della convivente Elena Kaudejacova, 19enne nata in Repubblica Ceca, ritrovati in un campo vicino all'autostrada A4 a fine agosto. Uccisi a colpi di pistola e poi dati alle fiamme.

Oppure come Tiziano Stabile, 54enne, freddato in un parcheggio di camion a Bedizzole a novembre del 2013. Addirittura nel giallo datato primo maggio 2005, manca il nome non solo dell’assassino ma anche della vittima. Una donna carbonizzata e poi nascosta in una valigia abbandonata in un canale a Castegnato.

Ci sono inoltre i cold case del gioielliere Eliano Tognazzi, del macellaio Ennio Bertelli, del 33enne di Lumezzane Maurizio Cirillo e dell’imprenditore Basilio Rossi. Ma anche le morti senza colpevole di Ahmed Rafik, pakistano di 39 anni, vittima il 22 agosto 2011 di un pestaggio fuori dal locale Copacabana, di Muhammad Ilyas, anche lui di origini pakistane, 48 anni, accoltellato nell’estate del 2006 a Bresciadue in città. Oppure Gianfranco Bertola agricoltore di 62 anni colpito con una roncola alla testa e ferito all’avambraccio sinistro e alla nuca con una motosega nella sua casa di Adro.

Il caso Gorni

E poi c’è la storia di Floriano Gorni, di cui è da poco passato il 20esimo anniversario della morte. Cavatore e marmista di Borgosatollo, 49 anni, venne trovato semi nudo in un campo tra Castenedolo e Rezzato. Raggiunto da colpi di pistola e fucile. E la sua auto data alle fiamme. Era l’otto aprile 2004.

Era l’otto aprile 2004. A Rezzato venne trovato senza vita Floriano Gorni
 La vittima.  Floriano Gorni aveva 49 anni
 La ricerca della verità. Il figlio, Pierangelo
Era l’otto aprile 2004. A Rezzato venne trovato senza vita Floriano Gorni La vittima. Floriano Gorni aveva 49 anni La ricerca della verità. Il figlio, Pierangelo

«L’ultimo ricordo di papà è relativo alla sera prima di quel maledetto giorno. Avevamo guardato insieme il Milan contro il Deportivo, poi si è affacciato alla mia camera da letto e mi ha salutato: "a domani". Ma quel domani non c’è più stato» racconta Pierangelo, il figlio di Floriano Gorni. Aveva 22 anni quando il padre venne assassinato. «Il dolore non è passato, il ricordo non è sbiadito, ma la rabbia è aumentata. E dopo 20 anni ammetto che ho perso fiducia nella giustizia. Non ho più sentito nessuno» spiega l’ex ragazzino diventato uomo.

Dieci anni fa provò a far riaprire le indagini raccontando ai carabinieri di aver ricevuto una telefonata da parte di un uomo che in dialetto bresciano gli avrebbe rivelato due nomi indicandoli come i responsabili dell’omicidio del genitore. «Avevo denunciato tutto ai carabinieri, ma con il senno di poi dico che quelle persone non potevano essere gli assassini di papà. Forse hanno avuto un ruolo nella viceda, ma non credo siano stati gli esecutori materiali». Si era parlato di debiti, di criminalità organizzata e anche di un possibile scambio di persona. «Non ho mai creduto - dice Pierangelo Gorni - che abbiano ucciso la persona sbagliata. Papà era l’obiettivo e chi ha agito lo ha fatto sapendo bene chi era la vittima».

«Sogno la verità»

Pierangelo Gorni per anni, almeno una volta al mese, si è recato dai carabinieri sperando di avere novità sull’inchiesta rimasta sempre contro ignoti. E archiviata nel 2009.

«E nessuno me lo ha mai detto. L’ho scoperto dal vostro giornale in occasione del decimo anniversario e fu per me un colpo tremendo» le parole di Gorni. «Tempo fa mi sono affidato ad un criminologo per provare a tenere viva la speranza di arrivare ad una soluzione del caso. Sono andato personalmente in Procura a recuperare tutti gli atti. Sono oltre tremila pagine che non ho voluto leggere perché so che sarei stato male».

La svolta tanto attesa però non è arrivata. «Credo - ammette Pierangelo Gorni - di aver capito perché mio padre è stato ucciso. Non era finito in alcun brutto giro, ma sono al contrario convinto che sia stato ammazzato perché aveva scoperto qualcosa che non doveva. E per difendere la famiglia ha pagato con la vita. Credo che tutto vada ricondotto a questioni di denaro». Idee, supposizioni, ricostruzioni. «Ma l’unica cosa certa è che dopo 20 anni chi ha ucciso mio papà, un uomo onesto, un grande lavoratore e una brava persona, non ha ancora un nome. Sogno che un giorno la verità possa emergere. Sono solo ad affrontare questa battaglia, ma non mi voglio fermare». 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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