Lonato, sul record negativo pesa il cantiere dell’alta velocità

Con 16,9 ettari di territorio urbanizzato in più rispetto al 2023, Lonato è il comune lombardo che ha registrato il maggior incremento di consumo di suolo nell’ultimo anno. A dirlo è il nuovo rapporto Ispra diffuso in questi giorni e commentato da Legambiente Lombardia. A pesare come sempre è il maxi cantiere per realizzare l’alta velocità ferroviaria.
Nel dettaglio provinciale, Brescia si colloca appena dietro Milano, con oltre 160 ettari di suolo consumato nel 2024, e il Garda resta tra le aree più esposte alla pressione edilizia e logistica. Oltre a Lonato, figurano anche Montichiari (+11,4 ettari) e Desenzano (+9,2) tra i comuni più «pesanti» nel bilancio del cemento.
La replica
Dal municipio lonatese arriva però una replica netta. «Il Piano di governo del territorio non è cambiato - spiega il vicesindaco e assessore all’Urbanistica Monica Zilioli -. Tutte le varianti approvate sono di tipo normativo o perequativo, mai per nuovo consumo di suolo. Il nostro Pgt è lo stesso da quindici anni, e tutte le varianti approvate negli ultimi anni sono di tipo normativo o tecnico, mai per nuove previsioni edificatorie, che oggi non sarebbero neppure ammissibili».
Secondo l’assessore i numeri riflettono quindi situazioni già avviate e non nuove scelte dell’amministrazione. «Le pratiche edilizie recenti riguardano solo il recupero di edifici dismessi - aggiunge - come previsto dalla legge regionale 12 del 2005. L’obiettivo resta quello di ridurre il consumo e promuovere la rigenerazione urbana».
Per Legambiente, però, il quadro regionale resta critico: «Ogni giorno in Lombardia scompaiono oltre due ettari di suolo naturale o agricolo - si legge nella scheda di sintesi del report -. La sfida è far convivere sviluppo economico e tutela ambientale, puntando sulla rigenerazione e sulla riqualificazione degli spazi esistenti». Su questo punto il Comune di Lonato rivendica la propria linea: «Il nostro indirizzo è chiaro – conclude Zilioli –: recuperare, non costruire. Il dato Ispra non fotografa l’attualità, ma il passato».
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