Caso Cassarà, tracce di file cancellati nel cellulare: sentita anche la minore

Secondo l'accusa i dati, per i tempi di produzione e distruzione, sarebbero compatibili con la ricostruzione
Andrea Cassarà - © www.giornaledibrescia.it
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Le fotografie non ci sono, ma dall’analisi forense sarebbero emerse tracce di file cancellati dalla memoria del cellulare. E compatibili, per i tempi di produzione e distruzione, con la ricostruzione dell’accusa.

Agli atti

È l’ultimo sviluppo dell’inchiesta su Andrea Cassarà, ex schermidore azzurro indagato a piede libero per produzione di materiale pedopornografico. La vicenda - delicatissima per la gravità della contestazione nei confronti del bresciano - è dell’ottobre scorso quando una ragazzina di 15 anni denunciò di essere stata ripresa da un telefonino mentre si stava facendo la doccia negli spogliatoi del centro sportivo San Filippo in città.

Spiegò di non aver visto in faccia chi teneva il telefonino e quindi non fece il nome di Cassarà. All’azzurro di scherma i carabinieri arrivarono grazie alle immagini delle telecamere della struttura che lo avevano ripreso nella zona spogliatoi in un orario compatibile con quanto riferito dalla ragazzina. Il giorno successivo scattò quindi il sequestro del cellulare dell’atleta raggiunto dai militari nella sua abitazione in provincia di Bergamo.

La Procura ha poi affidato il telefonino ad un consulente per l’analisi del contenuto. Dopo una prima risposta parziale, perché non era stata copiata l’intera memoria dello smartphone, gli esperti hanno depositato agli atti una seconda relazione dalla quale emerge che Cassarà avrebbe cancellato del materiale riconducibile a quella giornata di ottobre.

Indizi, che si aggiungono alla presenza dell’azzurro nella zona degli spogliatoi del San Filippo proprio nel momento riferito dalla minorenne, ma non prove certe. E su questa base nei prossimi giorni il pm titolare dell’inchiesta Ettore Tisato deciderà se proseguire le indagini o se archiviare.

Nel frattempo gli inquirenti hanno ascoltato in audizione protetta la presunta vittima che avrebbe confermato quanto denunciato il giorno stesso in cui sarebbe stata filmata. Ha parlato di una mano che impugnava un telefonino e di un flash scattato mentre lei era sotto la doccia. Ora dopo sei mesi l’inchiesta, del tutto indiziaria, è a un bivio.

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