Carcere degradante nel suo Paese: detenuto rumeno resta a Brescia

Lo Stato rumeno non ha risposto, nonostante le numerose richieste presentate dalla Procura Generale e dalla Corte d’Appello di Brescia. Non ha fornito informazioni o dati sulle condizioni di detenzione cui sarebbe sottoposto un detenuto, rumeno di 25 anni, per il quale era stato spiccato un mandato di arresto europeo in seguito alla revoca della sospensione di una condanna a tre anni di reclusione per sfruttamento della prostituzione. Per questo la Seconda Sezione della Corte d’Appello di Brescia, presidente Antonio Minervini, ha deciso che il 25enne resti dove si trova.
Le condizioni
L’uomo si trova già detenuto in Italia per un’altra vicenda e quando il provvedimento della Corte d’Appello di Oradea è stato inserito nel sistema informatico che collega le forze di polizia europee la Penitenziaria italiana ha eseguito l’arresto.
Assistito dagli avvocati Davide Scaroni e Marco Soldi però l’uomo ha chiesto l’annullamento del provvedimento, quindi di rigettare la richiesta di consegna del detenuto alle autorità del suo Paese, perché, nel carcere rumeno in cui sarebbe stato collocato, i detenuti non hanno garantita l’acqua calda e non è stato possibile capire se vi sia riscaldamento. Situazioni che impedirebbero una detenzione che garantisca la dignità della persona.
«Condizioni degradanti»
La Corte d’Appello di Brescia ha provato a più riprese ad avere notizie certe su queste circostanze dalla controparte di Oradea ma non ne ha ricevute, e pertanto ha preso la propria decisione: «Invero la difesa, allegando il rapporto sulle condizioni carcerarie della Romania redatto dal Comitato per la prevenzione della tortura del Consiglio d’Europa ha rappresentato il pericolo che il proprio assistito scontasse la pena in condizioni degradanti. Lo Stato che richiede la consegna è stato più volte compulsato al fine di ottenere chiarimenti sul punto (...), non ha fornito risposte nonostante le ripetute sollecitazioni».
La Corte conclude che «non resta che prendere atto della mancata risposta che costituisce sintomo di un concreto pericolo che sia sottoposto a condizioni inumale e per tanto, deve negarsi, allo stato, la consegna».
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